L’assegnazione di una cattedra o di un incarico di docenza è il sogno che si avvera per qualunque aspirante docente; ma non sempre le cose si presentano facili, soprattutto nella confusione delle assegnazioni messe in atto con la Riforma Renziana.
Una docente disabile, con incarico a tempo determinato presso un Istituto di Cagli (PU), ha lanciato un appello in Fb mettendo come immagine di copertina la scritta “voglio poter andare a lavorare”, mossa dalla necessità di chiedere aiuto in una situazione che ha del paradossale. La docente ha ricevuto un incarico in una scuola distante da casa circa 250 km.
Pur essendo disabile, su una sedia a rotelle, priva di patente e di possibilità di guida, Mariaclaudia Cantoro di anni 44, che vive a Morro D’oro, un paesino nel teramano, raggiunge la scuola dove lavora con il treno che prende a Giulianova alle 5,30 del mattino. Il treno non possiede le strutture adatte ad ospitare un disabile; per cui Mariaclaudia ha comprovate difficoltà a salire sul treno che la porterebbe a lavoro.
Ha lanciato un grido di aiuto: ha inoltrato richiesta a Trenitalia, ma ha ricevuto una risposta negativa in quanto – pur essendoci attualmente un impegno di investimenti pari al 15% per l’abbattimento delle barriere architettoniche – non è per ora possibile attrezzare i treni impegnati per quel tratto ferroviario. Non è sfiduciata, né amareggiata Mariaclaudia, ma chiede di essere capita; chiede magari l’aiuto di qualcuno disposto ad accompagnarla a lavoro tre volte alla settimana; anche perché con un contratto part-time il suo guadagno mensile è di appena 700 euro.
In una siffatta situazione, non dovrebbe essere il dipendente ad esortare di essere ascoltato ed aiutato, ma dovrebbe essere lo Stato a prevenire determinati disagi ed intervenire con scelte mirate al caso di disabilità.
La legge 68 del 1999, nata per riformare il processo di integrazione delle persone con disabilità”, é stata strutturata con un impianto normativo teso al “collocamento mirato”, cioè ad una serie di scelte, azioni e prevenzioni tese a mettere la “persona giusta al posto giusto”.
L’intero processo richiede un impegno non solo normativo, ma anche un assolvimento di adempimenti da parte di tutti gli attori coinvolti; anche, invero, da parte del disabile che si assume le dovute responsabilità nel suo progetto lavorativo. Le disabilità fisiche, però, rispetto alle altre, comportano un maggior affaticamento con una notevole riduzione dell’autonomia e richiedono, dunque, un maggior impegno delle istituzioni.
È necessaria una presa di coscienza da parte degli organi competenti per questa situazione di disagio; perché per lavorare e farlo bene occorre essere messi nella situazione di poterlo fare.