Perché, in questo Paese, non esiste una legge che tuteli in maniera soddisfacente chi difende la propria famiglia, il proprio patrimonio, la propria libertà.
Appunto.
Perché, in questo Paese, non esiste una legge che tuteli in maniera soddisfacente chi difende la propria famiglia, il proprio patrimonio, la propria libertà?
E perché, senza rischiare che si cada nell’eccesso opposto, e chiunque si senta autorizzato a farsi giustizia da solo, il legislatore non provvede alla stesura di una legge, o alla modifica di quella esistente, in modo che chiunque attenti alla proprietà privata, invadendo quelli che sono gli spazi e gli affetti più intimi, si assuma il rischio di una possibile, anzi, probabile e – pertanto – insindacabile reazione?
E’ morto di infarto, qualche giorno fa, Ermes Mattielli, il commerciante veneto che il 13 giugno 2006 sparò 14 colpi di pistola contro i due ladri sorpresi a rubare nel suo deposito. Era stato condannato, dopo nove anni, a 5 anni e 4 mesi di carcere e a un risarcimento di 135mila euro.
Il paradosso è che adesso, il “patrimonio” di Ermes (una baracca e un magazzino del valore di poche migliaia di euro), potrebbero andare in eredità agli stessi rom che avevano ripetutamente derubato Ermes mentre era in vita. Visto che non ci sono eredi diretti, la legge prevede che i beni diventino di proprietà dello Stato, che poi provvederà “alla liquidazione dell’eredità nell’interesse di tutti i creditori e legatari”. Cioè i due rom, che, in base alla sentenza, Ermes avrebbe dovuto risarcire.
Ho assistito proprio ieri ad un convegno, organizzato dall’associazione forense “Nicola di Prisco”, di Torre Annunziata e dalla Onlus “In-oltre”. Era presente, oltre a padre Maurizio Patriciello, il prof. Antonio Giordano, l’oncologo italiano che, da Philadelphia, è impegnato nella ricerca per dimostrare, scientificamente, il nesso causale fra inquinamento e patologie tumorali, conditio sine qua non affinchè in un processo possa essere riconosciuto e quindi risarcito il danno subito.
Viviamo in un Paese dove, perchè un danno palese sia riconosciuto, bisogna impiegare tempo e soldi per dimostrare l’ovvio. Dove si devono organizzare convegni, e magistrati, avvocati, medici passano la mattinata a cercare di capire come e quanto le lacune del sistema legislativo possano essere colmate dalla “buona volontà” e dalla sensibilità degli operatori del diritto.
Dove un prete, invece di dire Messa, deve andare in giro a risvegliare le coscienze, a supplicare un fantomatico legislatore affinchè provveda a soddisfare le richieste sempre più impellenti di un popolo che si vede negati i più elementari diritti.
Siamo in uno Stato di monnezza, in una monnezza di Stato.
Esiste un legame, fra i due argomenti, e non credo di leggercelo solo io.
In entrambi i casi al cittadino viene negata la difesa. In tema di sicurezza personale, in tema di salute. In entrambi i casi, i colpevoli ne escono impuniti, o addirittura risarciti, perché la legge, al momento, è carente in quelli che dovrebbero essere i suoi punti più salienti. E queste carenze aggiungono, vergognosamente, il danno alla beffa.
Ermes Mattiello non è semplicemente morto di infarto. Forse, se non avesse ceduto il suo cuore, sarebbe stato l’ennesimo suicida.
E’ vittima di uno Stato che continua a non tutelare, negando, con lungaggini burocratiche e vuoti legislativi, ciò che ai cittadini spetterebbe di diritto.
Ermes Mattiello, a cui è stata negata ogni difesa, è morto di infamia.