di Pompeo Di Fazio
Ormai è chiaro. Nessun anticipo di fine legislatura: si andrà a votare nel 2023. Con quale legge elettorale al momento non è dato sapere. Se con l’attuale Rosatellum, reso ancor più complicato dalla populista ma inconsistente riforma del taglio dei parlamentari, o con altro sistema, ma ne avremo contezza nei prossimi mesi. Anche se è paradossale che a primavera i partiti si conteranno alle amministrative con un maggioritario secco, dunque con la necessità di coalizioni e nello stesso tempo dovranno già aver messo molta carne al fuoco per tentare il ritorno al proporzionale, come si vocifera in questi giorni.
Ma al di là dei meccanismi tuttavia, la riflessione che si dovrebbe fare e che dovrebbe essere al centro dell’agenda dei nostri rappresentanti o presunti tali è senza dubbio: ma quanti saranno gli italiani che si recheranno alle urne?
Tenendo conto che il trend della partecipazione è in costante diminuzione negli ultimi anni e che lo spettacolo messo in scena per l’elezione del presidente Mattarella non certo ha contribuito ad invertire la rotta, sicuramente non saranno in tantissimi. Proviamo ad immaginare qualche numero: intorno al 50%?
Se fosse così non sarebbe un segnale positivo per la democrazia, perché ne minerebbe la sua essenza, fondata sulla partecipazione dei cittadini .
Ma c’è di più: quali saranno le motivazioni che spingeranno gli elettori a recarsi alle urne? Togliendoci un 20% di elettori ideologizzati, al netto di assenza di proposte politiche come al momento è manifesto, il resto lo farà per contatti e legami con i presunti potenziali onorevoli. Dunque con motivazioni di natura clientelare. Che forse al centro sud può raggiungere numeri ancora maggiori.
Un quadro non certo incoraggiante, figlio di una politica che ha perso la sua autorità e la sua sacralità e che si è sempre più discostata dalle persone.
Il dramma della contemporaneità italiana è proprio questo: viviamo la peggiore crisi dal dopoguerra con la più scarsa classe di governo del dopoguerra. Stanno per arrivare fiumi di denaro con il PNRR, e i parlamentari saranno giudicati proprio dalla capacità o meno di saperli spendere in maniera efficace. Ultimo treno soprattutto per il mezzogiorno. In bocca al lupo, Italia!