di Fabio Buffa
E’ stato uno degli artisti della canzone più innovativi e coraggiosi. Il destino gli presentò il conto a soli 31 anni, quando, poche ore dopo uno schianto in auto, morì. Ma 31 sono stati sufficienti per far diventare questo cantante un mito, un simbolo della musica impegnata, interpretata con la leggerezza di chi è abbastanza sicuro delle proprie qualità per lanciarsi in esperimenti artistici audaci.
Parliamo di Rino Gaetano, nato a Crotone il 29 ottobre 1950 e morto a Roma, all’apice del successo, proprio 40 anni fa, il 2 giugno 1981.
Rino, ancora bambino, lascia la Calabria per raggiungere la capitale, fu un trasferimento legato a motivi di lavoro dei genitori.
Un insegnate parlò del Rino Gaetano appena emigrato, così: “era stimolato dallo studio, anche se a volte aveva momenti di estraniazione. Ma non era un vuoto, bensì momenti in cui comprendevo che la sua mente era occupata da qualche pensiero”.
A 17 anni il nostro artista inizia a suonare il basso in un gruppo di amici, avendo come cantanti di riferimento Jannacci, De Andrè e Bob Dylan. Le sue prime esibizioni sono mal viste nei locali in cui si propone: erano posti della muisca d’impegno, un po’ seriosi e molto ortodossi, e il suo approccio irriverente e sfrontato non piaceva. Ma Gaetano tira dritto per la propria strada, passando per un breve periodo dalla muisca al teatro: recita le poesie di Vladimir Majakoskij, cantore della rivoluzione di ottobre, ed è la volpe nel Pinocchio di Carmelo Bene.
Ma la musica è un’attrazione troppo forte per l’artista crotonese, così nel 1972 entra nella casa discografica It; i suoi primi lavori sono “I love you Maryanna” e “Jaqueline”. Nel 1974 esce l’album “Ingresso libero”, l’ironia è di quelle mai viste (anzi, sentite), non viene capita, ma nel 1975 con “Il cielo è sempre più blu” il pubblico comprende che nel cantante calabrese c’è qualcosa di esclusivo. Gaetano nelle proprie canzoni esprime una certa insofferenza verso le omologazioni e quella sorta di pensiero unico che caratterizza la quotidianità. E’ un anarchico, attento ai problemi sociali, attento agli ultimi, a coloro che si rifiutano di vivere per forza à la page. E’ alieno alle retoriche, alle retoriche di destra, di centro e di sinistra: “Mio fratello è figlio unico” è il titolo geniale che, attraverso una contraddizione in termini, racconta la solitudine sociale di chi vuole ragionare con la propria testa, senza farsi condizionare dalle mode e dai mass media.
Passa alla casa discografica Rca, scrive alcune apprezzate canzoni, partecipa a Canzonissima e apre i concerti di un già popolare Antonello Venditti. E studia … studia una società caratterizzata da odio (erano gli anni di piombo) e perbenismo di facciata, idee di condivisione post sessantottine e l’intolleranza di un’Italia sempre troppo incarognita. Vuole cantare l’incomunicabilità, l’isolamento e le contraddizioni del nostro paese.
L’album “Mio fratello è figlio unico” del 1976 contiene la canzone che lo rese popolare anche al pubblico più disimpegnato, cioè “Berta filava”: i più distratti pensavano ad un brano che raccontasse la storia di una ragazza propensa a cambiare fidanzato con una certa facilità; in realtà è una metafora per criticare il compromesso storico tra Dc e Pci.
Nel 1978 Gaetano partecipa al Festival di San Remo, con “Gianna”: per la prima volta sul palco sanremese viene pronunciato il termine “sesso” (“un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà vedrà”). Arriva terzo, dietro ai Matia Bazar e ad una debuttante Anna Oxa, in versione punk.
“Aida”, “Nuntereggae più”, “Ahi Maria, e io ci sto”, sono solo alcune delle successive canzoni di Rino Gaetano che trattano, a volte in modo sbeffeggiante, altre in modo crudo e altre ancora con vena romantica e aggraziata, i paradossi, il grottesco e la fragilità di una società difficile da vivere e da capire.
Di un’Italia di vinti, di desolati, di arrabbiati, verso i quali Rino Gaetano (come nella canzone “Ti ti ti ti”) prova rispetto ed empatia.
La canzone “A mano a Mano”, scritta da Riccardo Cocciante e cantata dallo stesso Gaetano, dimostra la capacità di interpretare brani romantici e struggenti da parte di quest’ultimo (in molti diranno che quella del cantante calabrese è una versione più efficace rispetto a quella di Cocciante).
La notte del 2 giugno 1981 Rino Gaetano percorre via Nomentana a Roma e all’incrocio con via XXI Aprile va a sbattere con la sua Volvo 342 contro un camion. Nell’impatto Rino rimane schiacciato tra le lamiere, viene portato all’ospedale ma alle 6 del mattino spira.
Il corpo lo riconoscerà la sorella Anna, che ancora oggi, con il proprio figlio Alessandro, tiene in vita il ricordo di un genio, non solo della canzone, ma della capacità di interpretate il mondo che ci circonda con una chiave di lettura mai vista prima. E, diciamolo pure, mai più vista negli anni successivi.