E’ di queste ore la notizia della sentenza per il processo ai notav per i fatti dl 27 giugno e 3 luglio 2011.
Il trinunale di Torino ha condannato 47 dei 53 imputati a più di 140 anni di carcere e ad un risarcimento che supera in centinaio di migliaia di euro.
E’ una condanna al movimento intero, che da decenni, malgrado tutto non si arrende. Ed è più che mai importante , a questo punto, che tutti conoscano veramente questi terribili notav.
Un freddo venerdì torinese, un vecchio cinema, il regista, Daniele Gaglianone, in sala che presenta il suo film: Qui.
Qui, un documentario sulla lotta Notav in Valle di Susa. Sette storie, dieci persone che raccontano la loro battaglia quotidiana contro la distruzione e l’occupazione della valle.
Il film inizia con le parole di un rappresentante delle forze dell’ordine in una conversazione avuta con il regista nella fase preparatoria:
“Io sono incazzato con quelli della Val di Susa perché quando andiamo là ci tirano le pietre. Non è più una questione di Tav sì Tav no, ma è una questione di essere contro o meno il sistema. Lo Stato ha deciso e tu ti devi adeguare, punto e basta. Viviamo in un paese di democrazia rappresentativa: se non sei d’accordo, la prossima volta voti per quelli che non vogliono l’opera. (…). Per il tuo documentario incontrerai dei sì Tav, intendo non dei politici, ma persone comuni?” chiede il rappresentante delle forze dell’ordine, che dopo la risposta affermativa del regista afferma “ Non ne troverai, è favorevole al Tav solo chi non conosce il progetto”.
Così inizia e già fatico a trattenere le lacrime. Perché Gaglianone fa esattamente quello che spesso ho scritto: guarda negli occhi i notav. Senza sovrastrutture, senza filtri e senza interferenze, li lascia parlare. Mentre lavorano, cucinano, guidano l’auto. Non chiede nulla, non li intervista. E loro raccontano semplicemente, senza rabbia e senza voler convincere nessuno.
Dieci persone, sette storie, dieci vite invase da un mostro che vuole mangiarsi tutto. E vi ritroverete in quegli occhi, sono i vostri, sono i miei. Sono donne e uomini pacifici che subiscono da anni indicibili violenze: posti di blocco, perquisizioni, il dover mostrare i documenti più volte al giorno per entrare o uscire da casa. Sono persone che, andate a visionare il meraviglioso plastico della valle con l’opera terminata, si sono accorte, sul posto, nessuno le aveva avvertite prima, che le loro case non sono più previste, non ci sono più. Sono persone che hanno in mano tutto il progetto del tav e se lo rigirano tra le mani e leggono, guardando i propri figli, che ci sarà un forte aumento di malattie terribili dovute all’amianto estratto e trasportato a spasso per la valle.
Non vuole convincere nessuno Gaglianone e nemmeno i protagonisti del film: vogliono solo raccontare. E la loro lotta è trasversale, non ha ideologie, partiti o classi. E’ una lotta di tutta una popolazione.
E ora che per la faraonica opera non ci sono più i soldi, dicono che ci si potrebbe semplicemente sedere ed aspettare, ma non vogliono: il movimento notav vuole vincere, anzi ha già vinto, comunque vada, ha aperto la strada ad altri movimenti di opposizione. La politica ne ha paura e l’informazione, troppo spesso sua schiava, ha raccontato solo spezzoni comodi a gettare discredito su una lotta all’illegalità senza precedenti.
Andate a vedere il film e uscirete con una idea diversa del movimento notav.
Andate Qui, perché Qui potrebbe essere ovunque, anche a casa vostra. Andate Qui, dove siamo condannati a morte dal Tav.