Quello referendario è stato un esito scontato, perché evidentemente era ben noto ai comitati organizzatori e promotori del “Sì” che sarebbe stato molto difficile conseguire il quorum in un momento storico, come quello attuale, nel quale la partecipazione del popolo italiano è bassissima e tanti, troppi cittadini preferiscono astenersi dal voto.
È ovvio che il dato finale – è andato al voto solo un Italiano su tre – deve far pensare moltissimo: ormai, sono in crisi molto forte gli istituti della democrazia diretta, per cui gli Italiani preferiscono, in maggioranza, delegare ad altri decisioni importanti, come quella che era, appunto, oggetto del quesito referendario.
Al prossimo referendum, però, non ci sarà il problema del raggiungimento del quorum: ci riferiamo, ovviamente, a quello costituzionale del mese di ottobre, per cui coloro che andranno alle urne decideranno sia per loro stessi, che per quanti, invece, penseranno bene di non andarci.
Ignoriamo, invero, le dinamiche che potranno svilupparsi nei prossimi mesi, ma certo stiamo per vivere una fase importantissima della nostra storia nazionale.
Con il prossimo referendum di ottobre, infatti, l’Italia deciderà in modo molto pregnante in riferimento al proprio futuro, al modello di democrazia che vorremo darci per i decenni prossimi, all’idea di democrazia partecipativa, visto che ineluttabilmente, in virtù dell’abolizione del Senato elettivo, non solo cambierà l’assetto dei poteri parlamentari, ma si modificherà, profondamente, la stessa articolazione della vita civile.
Il nostro Stato ha subito, nel corso degli ultimi quindici anni, molte trasformazioni importanti, alcune delle quali indotte dall’Europa ed altre, invece, nate per effetto della dinamica politica interna.
Ci riferiamo, in particolar modo, alla riforma del Titolo V della Costituzione, ai vincoli finanziari imposti da Maastricht ed, infine, alle varie riforme elettorali, che – di volta in volta – hanno modificato, in maniera qualificante, la geografia politica degli Enti Locali e del Parlamento nazionale.
Quello di ottobre sarà il termometro di una condizione, più o meno latente, che da tanto, troppo tempo sta andando avanti: è, infatti, lapalissiano che moltissimi Italiani chiedano una democrazia molto più immediata, rapida nelle decisioni, anche a costo di comprimere il dibattito e di ridurre, quindi, gli spazi di visibilità in favore di un’opzione piuttosto che di un’altra.
Sarà questo il prototipo di nuovo Stato, che andremo a costruire?
Certo è che il mancato raggiungimento del quorum su un quesito referendario, così importante come quello della scorsa domenica, rappresenta un segnale evidente di uno scarso interesse alla partecipazione, che il legislatore ha colto ed, in qualche modo, ha trasferito nell’ipotesi nuova di Parlamento.
Ma, per davvero possiamo tutti, molto serenamente e supinamente, andare incontro ad una restrizione rilevante degli spazi democratici, che i nostri padri ed antenati hanno costruito con il sudore della loro fronte, finanche mettendo in serio pericolo la propria esistenza?