di Alessandro D’Orazio
Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha recentemente presentato ai rappresentanti di 17 associazioni di risparmiatori la sua proposta di rimborso destinata a coloro che sono stati coinvolti nei crack bancari degli ultimi anni. Il tema era in discussione da mesi, periodo nel quale si sono susseguite numerose polemiche all’interno della stessa maggioranza di Governo; alla fine però, quando il ministro ha messo la sua proposta sul tavolo, 15 delle 17 associazioni hanno votato a favore del piano.
La proposta dovrebbe essere dunque approvata nel corso dei prossimi giorni tramite ricorso ad un decreto legge. La normativa, nota oramai da mesi con lo pseudonimo di “decreto truffati dalle banche”, sarà finanziata grazie alla somma di 1,5 miliardi di euro stanziata nella legge di bilancio dello scorso anno. In base al piano elaborato saranno coinvolti risparmiatori e investitori delle quattro banche popolari in dissesto, tra le quali Banca Etruria, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Il meccanismo previsto per il rimborso è stato ribattezzato a “due binari”, il primo dei quali dovrebbe riguardare da solo circa il 90 per cento degli investitori e risparmiatori coinvolti. A poterlo utilizzare saranno tutti coloro che hanno un reddito Isee fino a 35mila euro annui oppure un patrimonio mobiliare inferiore a 100mila euro. Chi soddisferà queste caratteristiche riceverà un rimborso pari al 30 per cento del valore delle azioni perdute e pari al 95 per cento dei suoi investimenti in obbligazioni. Il restante dieci per cento sarà sottoposto a una procedura di arbitrato durante la quale una commissione di 9 esperti stabilirà se il loro caso costituisca effettivamente una truffa.
Nelle scorse settimane l’intenso dibattito condotto con le Istituzioni europee ha dato seguito ad un accordo tra la Commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager e lo stesso ministro Tria. L’interlocutoria si è resa indispensabile al fine di evitare le sanzioni previste nel caso del già intervenuto “aiuto statale”, oltre a mitigare le conseguenze di una norma – quella italiana – che, di fatto, aggira le attuali disposizioni previste dal “bail in” (salvataggio interno).
Quest’ultimo fenomeno deve tuttavia essere valutato nell’ambito di un sistema bancario assai singolare; nel nostro paese, infatti, ad entrare in crisi sono state soprattutto piccole banche popolari, molto legate al territorio. Il loro fallimento ha colpito aree territoriali di estensione ridotta, ma che di colpo hanno visto sparire centinaia di milioni di euro di risparmi e investimenti. Ad oggi voci insistenti lasciano trapelare che le procedure di rimborso partiranno dal 2020, salvo inattesi sviluppi.