Sulla “Repubblica” della scorsa settimana, nella classifica dei libri più venduti a Napoli, al primo posto della saggistica c’era “Napoli e i suoi casali”. L’autore è Giuseppe Pesce, che è stato anche documentarista de “La storia siamo noi” di Minoli, e si occupa di storia e di letteratura meridionale: da “Malacqua” di Nicola Pugliese ad Antonio Ghirelli, a Roberto Bracco, fino alla storia dell’Alfasud, a cui ha dedicato un altro recentissimo libro. Parallelamente, da casoriano, Giuseppe non ha mai smesso di dedicare attenzione alla sua città (di recente ha raccolto molti suoi articoli nel blog “archiviocasoria. wordpress.com”) e per questo abbiamo pensato di fargli qualche domanda sulla canonizzazione di Padre Ludovico, che sarà proclamato santo il prossimo 23 novembre.
Cosa significa, innanzitutto, questo evento per Casoria?
Questa canonizzazione è un evento atteso da molti anni, perché Padre Ludovico è stato un “santo vivente”, conosciuto e stimato, alla sua epoca, in tutta Italia. A Casoria ci è nato ai primi dell’Ottocento (1814), e qui è stata a lungo molto viva la devozione per lui. Ma Casoria non ha mai saputo adeguatamente valorizzare e riscoprire l’importanza della sua figura. Più che fare una festa, direi che c’è un dibattito da rilanciare: a marzo è andata perduta l’occasione del bicentenario della nascita, e mi sembra che anche per la canonizzazione Casoria sia giunta impreparata, senza rendersi conto della portata che poteva avere l’evento. A questo punto, speriamo almeno che il 23 novembre possa essere l’inizio di un percorso: in fondo sperare non costa nulla.
Qual è l’aspetto più importante della figura di Padre Ludovico?
Padre Ludovico è stato innanzitutto un uomo che ha consumato la sua vita per gli altri, e lo ha fatto aderendo totalmente ad un’esperienza mistica; ma questa scelta privata, intima, ha avuto una straordinaria conseguenza pubblica, sociale e politica, che deve essere ancora adeguatamente inquadrata nella storia dell’epoca, cioè tra le rivoluzioni del 1848 e l’unificazione italiana del ’61. Il vero, grande dibattito, da portare anche fuori dagli ambienti strettamente religiosi, è la modernità – incompresa dalla stessa Chiesa dell’epoca – dell’opera di Padre Ludovico. È un tema su cui c’è molto da dibattere, ma che fornisce la risposta: l’aspetto più importante della figura di Padre Ludovico è la sua dimensione pubblica: un santo che è stato uno dei più grandi Italiani dell’Ottocento.
Che cosa può rappresentare, in concreto, questo avvenimento per la città di Casoria?
Domanda difficilissima. Dovrebbe rappresentare un momento di promozione dell’identità storica e culturale, sociale ed etica (non solo religiosa), dell’intera comunità cittadina. Ma il problema è che stiamo parlando di una comunità profondamente malata: e non mi riferisco solo all’offerta politica (scadentissima in questa città, a parte pochi volenterosi), ma proprio della comunità locale (che del resto, attraverso il voto produce la propria classe dirigente). Siamo realisti: al di là del valore religioso, un evento come questo può rappresentare, al massimo, un’occasione per avviare un nuovo dibattito sulle tante occasioni perdute e sul ruolo che Casoria potrebbe, forse, tentare di ritagliarsi: un seme da piantare, sperando che non secchi nelle sabbie immobili di questa città.
Casoria città di Santi: Giulia Salzano, Padre Ludovico e a breve anche M. Cristina Brando. Ma perché questa città non ha una sua riconoscibilità?
Certo, Casoria avrà pure tre Santi, ma non è mica un paradiso. Al contrario, è un mezzo inferno, un pezzo della periferia di Napoli, con tutti i disagi connessi. È inutile che stiamo ad elencare i problemi di vivibilità (li conosciamo bene): ma dobbiamo considerare che questi influiscono anche sulle “credibilità” complessiva del territorio. Ma come facciamo a parlare di “turismo religioso” in una città che ha distrutto irrimediabilmente il suo centro storico? in cui se arriva un autobus al “Sacro Cuore” blocca tutta piazza Giovanni Pisa? in cui sotto la villa del Cardinale Maglione piantano quattro scarrafoni inguardabili invece di un monumento? Il problema è che manca un progetto, manca un’idea; ma mancano anche le conoscenze e le competenze adeguate per cercare di metterlo in piedi, un progetto.
Cosa può fare chi si occupa della figura di Padre Ludovico per farla uscire dalla visione “stereotipata” che se ne ha? Come far conoscere meglio questa figura alla città?
Può sembrare paradossale, ma il modo migliore è innanzitutto uscire da Casoria: farsi una passeggiata all’Ospizio Marino di Posillipo, per rendersi conto della Bellezza (che la nostra città ha smarrito, abbrutendoci tutti); e poi all’Istituto Serafico di Assisi, per rendersi conto invece di cosa vuol dire (persino per i non credenti) la dimensione mistica, etica, che è capace di infondere una delle più belle mete al mondo di turismo religioso. Visitando Assisi e Posillipo si può capire la grandezza di Padre Ludovico, ma soprattutto cosa Casoria non potrà mai essere: qui bisogna trovare qualcosa di diverso; non so cosa, ma bisogna condividere le idee e lanciare un progetto.
In che modo si può avvicinare al mondo dei giovani la figura di Padre Ludovico?
Certamente attraverso il mondo dell’associazionismo cattolico, legato sia alle parrocchie che alle associazioni “Ludoviciane” che già operano anche a Casoria; ma senza preclusioni, anche introducendo nuove idee, nuovi progetti, attivando collaborazioni con altre realtà: in fondo, per certi versi, l’impegno di Padre Ludovico era molto più vicino a quello che fanno oggi associazioni come Libera ed Emergency, che ad un raduno di preghiera. E poi c’è l’università: si potrebbero promuovere delle borse di studio per le tesi di laurea.
Imprenditori casoriani. Come si può intervenire per dare una dignità maggiore ai “luoghi” di Padre Ludovico?
Gli imprenditori sono una risorsa fondamentale, soprattutto tenendo conto che ormai le risorse pubbliche sono sempre più scarse. Potrebbero adottare un monumento, sponsorizzare delle iniziative. Ad esempio, perché non si intitola a San Ludovico piazza Santa Croce, e si ripulisce il busto di bronzo di Cifariello? o si fa un restyling decoroso della cappellina? E poi c’è l’ex edificio scolastico, sede delle associazioni e del museo ludoviciano: quello spazio – strutture comprese – andava rilanciato con strumenti tipo il PIU Europa, magari creando una grande piazza; adesso, si potrebbe forse pensare ad un project financing (un parcheggio sotterraneo sarebbe una manna per la zona, e l’area sovrastante si potrebbe riqualificare). Certo, ci vuole coraggio. E forse se ne troverebbero pure, di imprenditori interessati, e sensibili alla causa di Padre Ludovico: ma il problema è sempre lo stesso: ci vuole un progetto, un’idea; non è la singola iniziativa che conta, ma è tutto un “contesto” che deve cambiare, è tutta una nuova “tendenza” che bisogna innescare. E anche la speranza, allora, è sempre la stessa: che il 23 novembre possa essere, quanto meno, l’inizio di un percorso. Tanto sperare non costa nulla.