Mia mamma, quando protestavo per una punizione che ritenevo esagerata o ingiusta, mi raccontava sempre una storia.
Ai miei tempi – sembra ieri, ma è passata una vita – la tv era ancora un lusso, si accendeva solo di sera. Per il resto, c’erano i nonni, che raccontavano storie di tempi ancora più indietro, e a cui facevano sistematicamente precedere o seguire la frase “I detti antichi non falliscono mai”. E mamma, davanti alle mie proteste, mi raccontava questa storia ascoltata chissà da chi, nella quale un figlio, condannato a morte per un delitto efferato, chiedeva al giudice di poter dare un ultimo bacio alla madre prima di salire al patibolo. Avvicinatosi alla guancia della mamma, invece di baciarla come aveva chiesto, gliela mordeva a sangue, e davanti allo stupore di tutti le urlava con tutta la sua rabbia “Se mi avessi punito duramente la prima volta che ho rubato una mela, oggi non sarei un assassino, e non mi avrebbero condannato a morte”.
A quel tempo non capivo, e sorridevo davanti all’ aneddoto. Ma “la vita è una ruota che gira”, mi ripeteva sempre mamma mia, e “Quando sarai mamma capirai, perché se esistesse una scuola per fare il genitore, ci andrebbero tutti”.
Oggi sono mamma, e ho un figlio ormai uomo e un’altra poco più che diciottenne. La ruota gira, sul serio. E ho capito.
Oggi sono io quella a cui toccano le proteste davanti a punizioni molto meno severe e inflessibili, che mi ostino a dare anche se i miei ragazzi sono – o meglio, si ritengono – grandi da un bel po’.
L’incubo di quel morso sulla guancia mi torna spesso in mente, e oggi lo ha fatto prepotentemente.
San Valentino Torio, provincia di Salerno, qualche giorno fa. Cinque sbarbatelli, tutti minorenni, trascinano una coetanea in un garage e la violentano a turno per tutta la notte. Lei trova il coraggio di denunciare. Li arrestano, confessano.
E i genitori di questi disgraziati cosa dichiarano? “Lei è una poco di buono, si sarà divertita sicuramente, è stata una ragazzata”.
Ho un figlio maschio, e una femmina. Mai mi sognerei di difendere lui se sapessi che ha mancato di rispetto a una donna, anche solo verbalmente. E vivo nell’incubo perenne che il mio karma familiare possa essere anche quello di mia figlia. Raccontare una violenza non è semplice. Io l’ho fatto dopo una vita. Quella ragazzina porterà dentro di sé quei segni per sempre, anche quando deciderà, scientemente, di donarsi ad un uomo.
Davanti alle frasi pronunciate dalle madri e dai padri dei violentatori, resto inorridita. San Valentino Torio è un paese con circa 10.000 abitanti. Come quello in cui vivo io. Dove ci si conosce tutti. Dove una ragazza con la minigonna, probabilmente, viene ancora etichettata come una ragazza facile. Ma anche se vive a San Valentino Torio, la madre di un minorenne, quanti anni può avere? Quaranta, al massimo? Non sono quindi passati tanti anni dal suo stesso desiderio di indossarne una. E le quarantenni di oggi si truccano, vanno in palestra, sono su facebook, si fanno i selfies. Il padre di un sedicenne, è un uomo al massimo di cinquant’anni, giusto? Che, a meno che non sia un bruto, anche se vive a San Valentino Torio, si cura, sarà andato a scuola, sarà in grado di fare un ragionamento logico. Come la tratta, la moglie, se il figlio si sente autorizzato a trattare una donna in quel modo, se in qualche modo perverso e contorto arriva a pensare che il rapporto fra un uomo e una donna possa essere consumato così?
Ma il problema non è San Valentino Torio, non è il Parco Verde di Caivano, non è Milano, non è Torino, non è Roma, non è Palermo.
Il problema è la razza umana.
Sempre più razza, sempre meno umana.
Dov’è che ci siamo persi, noi generazione a metà fra i detti antichi e i social network?
Portateli lontano da questi pazzi che li giustificano. Salvateli, questi ragazzi. Fate in modo che non debbano dare morsi per la rabbia a chi non ha saputo indicargli la strada, perché probabilmente non la conosce. Fate in modo che questi piccoli uomini non diventino, con il tempo, uomini piccoli piccoli.
Aiutate quella piccola donna che mai più potrà guardare un uomo con fiducia, che potrebbe davvero arrivare a pensare di esserselo meritato. Che una gonna troppo corta, o un trucco un po’ più marcato le abbiano segnato l’esistenza per sempre. Che la civetteria dei sedici anni possa far sentire qualcuno autorizzato ad etichettarla come una “poco di buono”.
Io, per il momento, mi fermo qui. Quando leggo storie del genere, vorrei scendere.