di Rosario Pesce
Quarant’anni fa veniva eletto alla Presidenza della Repubblica Sandro Pertini, il primo leader socialista eletto alla massima magistratura della Repubblica, anche se non il primo laico in senso assoluto, visto che prima di lui erano stati, al vertice dello Stato, Enrico De Nicola e Giuseppe Saragat.
La sua elezione fu un fatto di fondamentale importanza, visto che il predestinato era Aldo Moro, che venne trucidato dalle BR pochi mesi prima di quel luglio 1978, che vide l’elezione di Pertini.
Era chiaro che l’elezione di Pertini chiuse, in modo definitivo, la stagione breve del Compromesso Storico, visto che egli era l’esponente di primo livello del partito, il PSI, che – più di tutti – aveva contrastato la stagione dell’accordo fra Comunisti e Democristiani.
Peraltro, il suo avvento al Quirinale fu propedeutico a quello di Bettino Craxi, pochi anni dopo, alla Presidenza del Consiglio, a dimostrazione del fatto che democristiani e comunisti, nonostante sommassero il 70% circa del consenso degli Italiani, non erano nelle condizioni di assicurare un Governo al Paese ed era necessario il contributo di chi era l’espressione di quel partito, il Partito Socialista appunto, che prima di altri aveva preso le distanze dal Partito Comunista sempre troppo vicino alla sfera di condizionamento dell’Unione Sovietica.
Pertini venne chiamato a presiedere la Repubblica, anche, con il compito precipuo di chiudere l’efferata stagione del terrorismo ed il suo coraggio fu un fattore necessario in quell’impresa, che di fatto si realizzò pochi anni dopo la sua elezione.
Ma, il Pertini, che preferiamo ricordare e che rimarrà nei libri di storia, è quello che, la sera del 23 novembre 1980, denunziò i ritardi evidenti nelle operazioni di soccorso verso le popolazioni dell’Irpinia, che erano state aspramente colpite dal sisma, che uccise molte centinaia di persone a cavallo di diverse province, in particolare, della Campania.
Era insolito che un Presidente della Repubblica criticasse, in modo così manifesto, l’operato di un comparto dello Stato e che prendesse le difese dei cittadini, che effettivamente per molte ore, dopo la scossa sismica principale, furono lasciati in balia di loro stessi e di eventi imprevisti, dal momento che non era ancora nato e radicato un moderno sistema di protezione civile.
Quel Pertini riuscì, quindi, a ricreare la giusta armonia fra i cittadini e lo Stato, perché, pur occupando un seggio di quell’importanza istituzionale, seppe farsi corifeo di un disagio, che sarebbe cresciuto ulteriormente, se non avesse trovato un’adeguata forma espressiva.
Ed, infine, visto che siamo nelle settimane del Mondiale russo, perché non ricordare il Pertini che gioì a Madrid per la vittoria della nostra Nazionale di calcio ovvero il Presidente che, amabilmente, giocava a briscola sull’aereo di ritorno dalla Spagna con Bearzot e Zoff?
Sono scene indimenticabili, che hanno ancora maggiore valore in un momento storico in cui, invece, prevale la distanza fra il Paese reale e quello legale: Pertini era il Capo di Stato di una Repubblica parlamentare; eppure il partigiano, che aveva sofferto a causa del Nazi-Fascismo, sembrò a molti il modello ideale di un Presidente ai vertici di una Repubblica di tipo presidenziale.
Quando ci sarà un nuovo Pertini?