di Gemma Delle Cave
È uscito a gennaio 2021 “Scenari in diagonale”, secondo libro del giovane scrittore, artista e architetto napoletano, Vincenzo Petrone, che abbiamo avuto il piacere di intervistare già in occasione del suo primo lavoro, “Diario di un meteoropatico”. Si tratta di una raccolta di poesie accompagnate da collage, in versi liberi da costrizioni stilistiche e senza rime, come per il primo libro. Tuttavia, questa volta sono poesie più “mature”: l’autore del libro vuole portare il lettore nella sua testa, nell’attimo esatto in cui ogni parola è stata concepita, realizzata e messa nero su bianco. Perché, come Vincenzo scrive nel suo secondo libro, “il viaggio non è mai lo stesso, ma la destinazione sì: perché ce l’abbiamo dentro senza saperlo”.
Vincenzo, parlaci un po’ del significato di “Scenari in diagonale”.
Premetto che quello che vorrei trasmettere, sia nella scrittura quanto nella pittura, è il perdersi nell’arte, perdersi nel pensiero dell’artista – perché anche scrivere poesie è arte, sia chiaro – entrare a far parte di almeno un paio, tutte sarebbe troppo, ma di almeno un paio di correnti sinaptiche, di riuscire ad immergersi e ritrovarsi al posto di chi ha fatto quello scritto, quell’opera, riuscire a sentire come sente lui o lei, perdersi. Quindi, lunga premessa, breve risposta, il significato di “Scenari in diagonale” è appunto il riuscire a dipingere, a parole, i vari scenari che mi sono immaginato, pensando a persone e situazioni, che ho voluto condividere con chi mi legge. Verso la fine del libro c’è una piccola argomentazione su questo tema e sul leggere la poesia come uno spartito, perché, come prima dicevo, voglio che chi legga lo faccia come chi ha scritto. Un’opera classica suona male se la stoni con gli strumenti scordati, quindi, in maniera differente dai canoni dati da chi l’ha scritta (o chi può dirlo, forse suona meglio, dipende dall’ugola).
Come mai questi scenari sono proprio in diagonale?
Faccio una premessa anche qui, ma sarò più breve: solitamente gli scenari sono orizzontali, anche per convenzione un dipinto o una foto di un tramonto, di un paesaggio, sarà in modalità landscape e sarà sicuramente orizzontale per rendere meglio l’istante che si sta scattando, per renderlo tutto. Ecco, siccome parliamo di poesia con uno sfondo astratto, come un flusso di coscienza, la convenzione dell’orizzontale e della verticale viene compromessa, viene distorta e messa in diagonale. È un nuovo punto di vista, è un nuovo modo di vedere, guardare e leggere la realtà; una realtà che viene letta poi in maniera differente da chi la vede, la guarda e la legge. La copertina fa parte di questo concetto, perché l’istantanea che si vede è ancora vuota, è presa in quel momento in cui è stata scattata e stanno per apparire i primi colori e potrebbe uscire qualsiasi cosa.
Perché hai deciso di accompagnare ogni poesia con un collage?
In primo luogo, perché le immagini arrivano prima delle parole e ancora prima delle parole scritte. In secondo luogo, perché, mi ripeto, per aiutare chi mi legge ad immergersi più facilmente nello scenario, nel luogo che stavo de-scrivendo: sono collage astratti, come lo sono i pensieri che li hanno partoriti e gli scritti a cui sono connessi.
C’è un legame con il tuo primo libro “Diario di un meteoropatico”?
Assolutamente sì, il modus operandi è sempre quello di perdermi all’interno dei miei pensieri e cercare di descriverli al meglio, così come li vedo e li sento io, con immagini nitide e dettagliate, il legame inscindibile è l’interiorità.
La poesia di Scenari in diagonale a cui sei più legato?
In realtà, non ne ho una preferita, mi piacciono un po’ tutte. Ogni scritto è legato ad una persona, ad una situazione, quindi posso dirti al massimo quelle per cui mi dico bravo da solo (in maniera ironica naturalmente). Sono sicuramente “Intorno l’odore di tè”, che ho dedicato alla mia fidanzata Tania, “Acrilici ad incandescenza” per il mio fratellino Dylan e “Ci vediamo domani”, ma ce ne sono anche altre. Devo però ammettere il mio peccato, alcune poesie, ma giusto tre, le ho prese dal mio primo libro, perché mi ci sono affezionato e le ho volute rendere con delle immagini.
Sappiamo che dal tuo primo libro, “Diario di un meteoropatico”, hai deciso di utilizzare la poesia come mezzo di comunicazione delle tue emozioni. Stai pensando di continuare così in futuro?
È un bisogno, un’esigenza presente 24 ore su 24, quello di sviluppare i pensieri e le emozioni ed il modo di sentire questi due, per poi renderli su carta – o su tela – sì, ci ho già pensato.
Stai progettando, quindi, di scrivere un terzo libro?
Sto già scrivendo un terzo libro, molto più semplice, con una sola tematica che è quella della poesia d’amore e null’altro. Ogni scritto è massimo 4-5 righi, come degli attimi – parola che fa parte del titolo. Qualcuno potrebbe dire che sia banale parlare d’amore, ma provate a settorializzare, dividere e analizzare ogni minima, minuscola sensazione, anche periferica, legata a questo sentimento, che va oltre l’innamoramento, l’infatuazione, il sesso, è come vederlo da un altro lato, in un solo attimo. Sarà pubblicato nel 2023.
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