di Angela Cascella
Da sempre la lettura e l’approfondimento sui temi della Scuola è un ‘rito’ giornaliero che mi appassiona.
Sono una Docente (e non solo). Nel corso degli anni non mi sono mai soffermata solo ad insegnare, oppure solo impegnata a cercare di creare una comunicazione empatica ed emozionale coi miei alunni; ma ho sempre allargato le prospettive cercando di capire le difficoltà della comunità scolastica e di dare un contributo, seppur minimo, alla gestione della complessità della Scuola come agenzia educativa, istruttiva e formativa.
Quando ho letto i vari articoli – di questi ultimi giorni – inerenti la scuola, ho provato un duplice sentimento: da una parte lo sbigottimento e la tristezza per gli accadimenti e dall’altro la rabbia per ciò che ancora oggi non si riesce a fare per la Scuola.
Ho letto di una madre che picchia l’insegnante al supermercato, perché contraria ai suoi metodi di insegnamento.
Ho appreso di una ragazza di 19 anni che si toglie la vita per lo sconforto determinato dai suoi studi troppo scarsi e dalle mancanze che ha elaborato in solitudine.
Ho letto dei vincoli economici in cui tabellare gli stipendi dei docenti sulla base dell’Autonomia differenziata (per ora disegno di legge) che prenderà in considerazione la diversità degli stili di vita ed il diverso impegno finanziario di ciascuna regione italiana.
Di dirigenti scolastici allo strenuo per le reggenze ne leggo ormai da anni e ne vivo da sempre le difficoltà per la complessità del sistema di gestione, a volte troppo farraginoso e inconcludente sul piano didattico.
Ho preso atto a più riprese di Docenti e di personale ATA con contrattato a tempo determinato sfiniti dal cambiare continuamente sede di lavoro (provincia e regione) e in continuo affanno per l’inattendibilità di concorsi e graduatorie.
Abitare la complessità nella Scuola italiana significa comprendere la vulnerabilità del sistema e stringersi gli uni agli altri perché, come diceva Daniel Joyle “essere vulnerabili insieme è l’unico modo in cui una squadra può diventare invulnerabile”.
Ci si chiede, alla luce di ciò, come l’Autonomia differenziata possa colmare i vuoti, le mancanze e la vulnerabilità del Sistema Scuola.
In generale, valutando i vari aspetti del mondo della Scuola, creare differenziazioni, in una società ‘liquida’ è improduttivo e allontana tutti – dirigenti, docenti, collaboratori Ata, alunni e studenti, genitori e stakeholder – dalla capacità di interpretare in maniera consapevole e serena la realtà scolastica, intrecciarla con la vita, con il mondo del lavoro mancando di far cogliere il senso complessivo dell’istruzione e, quindi, portando ad abbandonare la scuola al suo naufragio.
Eckert diceva che la nostra responsabilità principale è quella di creare fiducia; invece, purtroppo, essa è assente tra tutti i soggetti della comunità scolastica e da parte di quest’ultimi nei confronti delle Istituzioni.
Il vulnus della scuola risiede proprio nella mancata fiducia a tutti i livelli e, oltremodo, nella mancata coesione di intenti, nel riformismo esasperato, in quei processi che hanno fatto sentire tutti più soli. Un senso di solitudine che attanaglia chiunque appartiene alla Scuola: docenti lasciati soli a gestire classi turbolente; docenti di sostegno lasciati soli quando l’alunno reclama attenzioni mostrando insofferenza e disagio con azioni non sempre gestibili; Dirigenti soli quando gli edifici avrebbero bisogno di manutenzione, quando l’organico dovrebbe essere ampliato, quando la sicurezza, la privacy, la formazione e l’informazione, i progetti e l’offerta formativa non riescono a coincidere con la vision e la mission della Istituzione Scolastica Autonoma.
Il problema non è sempre degli altri, di quello della porta accanto, di quello diverso da noi. I problemi sono di tutti, soprattutto quando parliamo di Scuola: “istituzione sociale, preposta alla trasmissione del patrimonio culturale e linguistico”.
Tanto annunciata, perseguita, sostenuta, inneggiata l’Autonomia Scolastica (sul piano gestionale, organizzativo, di sperimentazione e ricerca, nonché amministrativo) per la qualità ed il miglioramento dell’offerta formativa, è stata voluta per un welfare dell’istruzione più attento ai bisogni degli studenti. L’Autonomia differenziata è una autonomia particolare che -nel rispetto dell’art. 116 della costituzione italiana – consentirà alle Regioni di chiedere allo Stato compiti e funzioni su materie definite dallo stesso articolo; e quindi di legiferare su ambiti appartenenti allo Stato, ai sensi dell’articolo cost. n.117.
Invero, le Regioni a statuto ordinario calibreranno risorse umane, strumentali e finanziarie alle esigenze dell’utenza scolastica di ciascuna regione italiana basandosi sui “Livelli essenziali di prestazioni” (LEP) determinati da una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; ciò per garantire un rapporto finanziario leale e trasparente tra Stato e Autonomie territoriali predisponendo una ricognizione ed una ipotesi di costi e fabbisogni nell’ultimo triennio per ogni regione (per ogni materia). L’Autonomia differenziata comporterebbe, oltremodo, anche una modifica delle norme generali, come il D. Lgs n. 297 del 1994, ovvero quel Testo Unico che norma e disciplina tutta la materia dell’istruzione. La sussidiarietà del sistema scolastico e l’Autonomia differenziata incontreranno i progetti del PNRR e le esigenze della Scuola colmando divari e differenze?
Spero davvero che sarà così, in nome del merito, dell’inclusione, della crescita del nostro paese in termini di cultura e istruzione; perché in caso contrario, come ad esempio per il bonus di merito e l’esaurimento delle graduatorie, avremo una soluzione tesa a curare temporaneamente il malessere del Sistema Scuola anziché le cause, trovandoci sempre ad affrontare i malinconici e irrimediabili eventi del “troppo tardi”.