In questi giorni si sta sentendo parlare spesso di una iniziativa tedesca di far indossare dei giubbotti pieni di sabbia- heavy jacket- ai bambini iperattivi (con ADHD, Disturbo da deficit dell’Attenzione/Iperattività). La Germania che predilige la differenziazione dei percorsi di studi secondo una attenta valutazione delle attitudini personali, ha intrapreso una strada, tortuosa, piena di ‘se’ e di ‘ma’, sicuramente criticabile, ma – quantomeno- ha imboccato una strada per cercare di fronteggiare la difficile gestione delle necessità e delle difficoltà palesate da taluni bambini nell’ambito scolastico. In Italia, invece, brancoliamo nel buio del “chissà che” è del “chissà cosa”.
Io, nella mia esperienza di mamma e docente, ma soprattutto di essere umano libero e pensante, con un cuore generoso, non ho mai usato sedioloni, box per i giochi; il passeggino quanto bastava. Ho seduto mia figlia al tavolo a mangiare già a sei mesi; utilizzando un rialzo per sedie normali; ovvero, ho messo mia figlia nelle condizioni di convivialità non appena ha iniziato a mangiare. Perché? Perché penso che la libertà di muoversi insegni di più: a dosare le proprie forze e le proprie debolezze; a calibrare paura e temerarietà; ad indurre alla riflessione libera su ciò che è giusto ed ingiusto. È una mia teoria; è mia e l’ho adottata con mia figlia e con i miei alunni. Sono una docente di scuola primaria, oltre che una giornalista pubblicista, e quindi posso mettere ogni giorno in campo idee, teorie, ipotesi, strategie, metodologie che la scienza, la pedagogia, la “madre esperienza” suggeriscono per migliorare apprendimenti e comportamenti dei bambini. Nella mia ventennale esperienza mi sono confrontata con diverse problematiche e non sempre è stato facile coniugare teorie e pratiche. L’imprevedibilità la fa da padrona, sempre! Soprattutto quando ci sono bambini iperattivi con diagnosi di ADHD. Un giubbotto colmo di sabbia, avranno pensato i tedeschi, aiuta a contenere: frena l’esuberanza e trattiene anche la violenza verso se stessi e verso gli altri. No, con questo non voglio dire che sono d’accordo al giubbotto con la sabbia (è contro il mio principio di libertà), ma sono propensa a trovare una strada fattibile, concreta e sicura per risolvere situazioni complicate con i bambini che hanno determinate difficoltà. Un bambino con diagnosi di ADHD è oppositivo-provocatorio, irruente, violento verso se stesso e verso gli altri, elude compiti e responsabilità, declina in negativo ogni idea, ogni regola. Un bambino con ADHD ti dà calci, ti strattona, ti rigurgita addosso tutta la sua rabbia, perché non sa dove confluirla; ti butta tra le braccia la sua incontenibile paura di non essere all’altezza ( di compiere le attività didattiche che fanno tutti gli altri) con tutti gli ostacoli della mancanza di autostima e di volontà. No! Non serve il giubbotto di sabbia; è come voler insegnare ad un bambino a nuotare facendogli indossare il giubbotto di salvataggio: non galleggerà mai da solo. Occorre, però, trovare un’ alternativa alle solite chiacchiere, occorre trovare strategie e forze più incisive: insegnanti di sostegno su tutte le ore di frequenza del bambino (e non solo una parte); attività didattiche con interventi calibrati da esperti e con materiali pertinenti ( ed invece gli esperti sentenziano e poi spariscono e di materiale neanche l’ombra); percorsi studiati e supportati da ricerche e teorie, ma seguiti e incentivati da Dirigenti scolastici e Docenti . Insomma, non basta “un ce la faremo perché tanto siamo amorevoli e coscienziosi”; ci vuole di più, molto di più!
Non serve la sabbia nei giubbotti, ma neanche la sabbia dove molti ci mettono la testa.