di Rosario Pesce
È evidente che, da qualche anno a questa parte, la politica si mostra sempre più impotente, sia a livello nazionale che locale, per cui i Governi e le amministrazioni periferiche sono destinati ad una turnazione di maggioranze e di gruppi dirigenti, mentre nel recente passato la continuità prevaleva sulla discontinuità.
È ovvio che la politica paga, in modo ridondante, la perdita di credibilità che ha dovuto scontare nel corso dell’ultimo ventennio, visto che il ceto politico è stato, ampiamente, delegittimato in primis dalle inchieste giudiziarie e, poi, dalla trasformazione della società, che per effetto anche della globalizzazione vede il primato dell’economia e del mercato sulla proverbiale capacità di mediazione sociale, cui assolveva in passato l’istituzione rappresentativa.
Cosa fare, allora, perché la politica riconquisti gli spazi che ha perso?
Certo, non ci troviamo di fronte ad un processo destinato a durare poco tempo: la delegittimazione della politica e, con essa, della democrazia purtroppo apre degli scenari, che possono essere inquietanti per molti osservatori, oltreché per le persone comuni, che non vogliono rassegnarsi ad una siffatta prospettiva futura.
Forse, bisogna ricostruire il rapporto fra economia e politica?
Ma, come può mettersi in moto un simile processo, se il mercato è sempre il fattore strutturale della complessa modernità?
Il mercato, peraltro, appare non frenato né dalle leggi, né dalle forze che – un tempo – svolgevano una sana mediazione, evitando così che gli eccessi del liberismo potessero creare dissenso e rotture all’interno del consesso sociale.
La globalizzazione ha portato fuori dal mondo della produzione milioni di persone, che oggi sono disoccupate o sottoccupate, venendosi a trovare in condizioni ben peggiori di quelle di un passato recente, che da qualche parte – finanche – si rimpiange.
Oggi, si paga un prezzo altissimo in termini sociali: chi, per un verso, aspetta un sussidio pubblico per sopravvivere, chi – per altro – lavora pagando un carico di imposte che, invero, non trova pari in altre parti del mondo e, per tutti, il futuro sembra nebuloso.
Forse, in nome del nuovismo, sono state destrutturate in modo irreversibile delle certezze, che erano invece preziose per tutti gli attori sociali?