di Rosario Pesce
La Scuola è il servizio essenziale di un Paese civile.
Nelle aule scolastiche si formano i giovani, crescono i bambini, intere generazioni di professionisti offrono il meglio delle proprie competenze per consentire alla nazione di avere un futuro attraverso l’istruzione.
Il dibattito di queste settimane intorno alle modalità di riapertura delle istituzioni scolastiche, nel prossimo mese di settembre, ha messo in evidenza i bisogni delle nostre scuole, che certo non possono essere abbandonate a loro stesse in un passaggio delicatissimo.
Le scuole, per riaprire in sicurezza, hanno bisogno di due elementi essenziali: gli spazi ed il personale.
I primi sono già oggi, molto spesso, insufficienti ed invero non copiose sono le risorse riconosciute agli Enti Locali per ampliare le strutture esistenti nel corso dei prossimi due mesi estivi.
Il secondo – ci riferiamo sia a quello docente, che a quello amministrativo – deve necessariamente essere incrementato, se si ipotizza di dividere le classi e di farle lavorare in gruppi, per consentire ai ragazzi di rispettare le distanze di sicurezza previste dalla norma.
Ci saremmo aspettati un piano straordinario di assunzioni di docenti, come d’altronde è stato fatto in piena emergenza con i medici ed il personale infermieristico.
Il Governo poteva scegliere di assumere a tempo indeterminato i docenti precari o, ancora tuttora, può decidere di ampliare in modo significativo l’organico di fatto, ma nessuna delle due cose è stata fatta, visto che le assunzioni preannunciate rientrano nell’ordinario turn over annuale e poco hanno a che fare con le conseguenze dell’emergenza Covid.
Peraltro, molto opportune ed illuminanti ci sembrano le osservazioni dell’Associazione Nazionale Presidi, che ha ricordato come gli spazi di discrezionalità, dati dal Ministro alle scuole per riaprire a settembre come da Linee Guida, costituiscono un interrogativo serio per l’ordinamento complessivo, visto che l’autonomia gestionale – sancita ormai più di venti anni fa – non può sostituirsi al potere di indirizzo che è in capo, esclusivamente, al legislatore politico nazionale.
In tal senso, la Scuola italiana ha effettivo bisogno delle giuste attenzioni da parte del Parlamento e del Governo centrale, anche perché il post-Covid potrebbe aprire una fase nuova circa le competenze ed i poteri in materia di erogazione del servizio scolastico pubblico ed è, allora, giusto che in primis gli operatori – dirigenti e docenti – sappiano in quale direzione si intende condurre la Scuola italiana.