Uno dei dati più importanti, che si evidenziano dalle indagini demoscopiche, è l’invecchiamento della società italiana, che – grazie alle innovazioni della scienza e della medicina – è in grado, finalmente, di raggiungere un’età media molto alta.
Se, per un verso, un dato siffatto è incoraggiante, è chiaro che le problematiche, che derivano da un invecchiamento notevole della società, sono molto preoccupanti.
Una società, mediamente più anziana, è un organismo sociale che ha bisogno di maggiori cure ed attenzioni, per cui i costi per la Sanità pubblica sono, notevolmente, superiori rispetto a quei contesti, nei quali – invece – si muore ad un’età più bassa.
Peraltro, la senilità porta con sé patologie, che sono ineluttabilmente contrassegnate dal dato della cronicità, per cui sono necessarie forme di assistenza molto prolungate nel tempo ed, in particolare, onerose per i servizi assistenziali.
Inoltre, una società vecchia, inevitabilmente, tende anche a crescere con maggiore difficoltà, perché i trentenni di oggi, contrariamente a quelli di un tempo, sono attratti da ben altri bisogni, per cui non mettono al mondo figli, come lo avrebbero potuto fare alcuni decenni fa, quando essi erano già padri e madri.
L’invecchiamento, quindi, determina peraltro un abbattimento consistente della prospettiva di sviluppo produttivo della nostra società, a tal punto che, se frattanto non fossero subentrati i flussi migratori dal Nord-Africa, la nostra società avrebbe manifestato un preoccupante arretramento da un punto di vista anche demografico, tanto pericoloso da mettere in pericolo il futuro stesso delle generazioni prossime.
Infatti, una società più vecchia reca con sé bisogni, che difficilmente può soddisfare lo Stato, il cui equilibrio finanziario, già precario, viene ulteriormente indebolito da pensioni, che vanno pagate per un periodo di tempo più lungo, e da un sistema di servizi, che solamente la mano pubblica non è in grado, affatto, di realizzare.
È ineluttabile, quindi, che in una situazione siffatta non solo si auspica, ma si favorisce l’arrivo dei migranti africani o asiatici, perché saranno questi a dare un futuro ad una società, altrimenti, vecchia e logora, sia da un punto di vista fisico che, molto probabilmente, in termini psicologici.
L’arretramento economico, dunque, è anche il frutto di una simile condizione, perché viene da sé che i grandi gruppi industriali trasferiscano altrove le loro produzioni, dove non solo trovano manodopera a più basso costo, ma in particolare trovano operai più giovani, che hanno una prospettiva di lavoro ben più lunga rispetto ai nostri, che spesso sono costretti ad una ridefinizione della loro professionalità in forme, almeno, cicliche.
Siamo, quindi, la società della terza età, di quella terza età che, a volte, si identifica con la lucidità e con il genio di intellettuali e scienziati straordinari, ma anche di quella che, molto più sovente, si identifica purtroppo con le patologie classiche, dal Parkinson all’Alzheimer, tipiche di chi subisce danni neurologici permanenti ed involutivi.
A fronte di tali dati, non può che rinascere un moderno spirito di tolleranza e di integrazione, che deve portarci ad accogliere chi, arrivando da noi, consente all’Italia di reggersi, ancora, come sistema socio-economico credibile, a meno che non voglia estinguersi, visto che la geriatrizzazione della nostra società induce i costi altissimi, che abbiamo sopra descritto.
Forse, coloro che predicano odio sociale e spirito xenofobo non hanno, ancora, compreso quali siano i limiti dei loro ragionamenti: molto probabilmente, li comprenderanno solo quando lo Stato non sarà più in grado di pagare le pensioni o gli stipendi, perché la base sociale sarà divenuta così anziana che, a fronte di tanti investimenti per il suo oneroso mantenimento, non esiste un uguale introito derivante dalla forza lavoro di chi ha energie da spendere, visto che la giovane età e l’ardore, tipici di un’età non senile, sono sempre più un autentico miraggio.