di Maria Rusolo
La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.
Qualcuno dice che io non faccia fatica a scrivere, ed invece questa volta non riesco a mettere le dita su una tastiera o ad impugnare una penna. Dover parlare di un altro corpo mutilato, a cui hanno estirpato la vita e l’anima mi fa tremare le mani, le lacrime scendono senza che io possa fermarle come se fosse morta una mia amica di infanzia, un amore vicino al mio cuore con cui abbia condiviso la vita e la dolcezza di stagioni.
Un’altra ed un’altra ancora, non conta il nome e non conta cosa facesse nella sua esistenza, un compagno, un maschio con cui aveva condiviso parte del suo tempo su questa terra, l’ha colpita e colpita ancora togliendole il respiro e la possibilità di camminare e di godere del sole e dell’odore del mare. Non c’è nulla di poetico in tutto questo, non c’è nulla che possa alleviare la sofferenza, nulla.
Le parole mie e di chiunque altro sono a questo punto inutili, e non perché si debba smettere di lottare, o di costruire un mondo più giusto ed equo, quanto perché appare inutile esprimere concetti, quando si trattava di una Cronaca di una morte annunciata. Tutte noi sapevamo che non c’erano possibilità, che non era scomparsa, che non si era allontanata volontariamente, noi non agiamo così, siamo attente, riflessive, pensiamo alle conseguenze, ai familiari, alla società che ci impone e ci stigmatizza e se sapevamo vuol dire che ci stiamo abituando, che viviamo con il timore di doverci difendere, di non poterci affidare, di non poter dormire serene accanto ad un uomo, sperando di conoscerlo profondamente.
Non si disturbi nessuno a parlare di vizio di mente, di mostro, di patologie, o follie, quanto accaduto, accade ogni giorno, in modo diverso e con mezzi differenti, ma pone ancora le donne in una condizione di sudditanza psicologica, fisica e morale. E’ il contesto sociale che ci relega in un angolo, ci lascia sole e rannicchiate nel buio delle nostre stanze, disperate ed incapaci di scegliere di andare altrove e di vivere con assoluta libertà la nostra esistenza e quella dei nostri figli, in molti casi. Credo di aver denunciato le condizioni di machismo che infestano la nostra cultura, tantissime volte, forse sino allo sfinimento, e so bene di essere considerata una femminista oltranzista e sguaiata, poco mi interessa.
Continuerò a gridare sino allo sfinimento che non esistono politiche di genere che abbiano un senso pratico, che mancano investimenti per i centri anti- violenza, che il codice rosso resta sulla carta, che non esistono misure di tutela immediate e precauzionali per le donne che vengono vessate, che le loro voci restano quasi sempre inascoltate, che non si è veloci e che non esiste un lavoro culturale di formazione e di sensibilizzazione che parta dalla scuola primaria. Gli adulti violenti sono stati dei bambini ed è lì e da lì che si deve partire per creare un terreno fertile di istruzione alla diversità ed al rispetto dell’altro, qualunque sia il sesso, l’opinione, l’orientamento.
Ho scritto spesso della libertà che va di pari passo con il senso pieno del diritto e del dovere, non si tratta di una idea filosofica, ma dell’atto di maggiore responsabilità che l’essere umano possa compiere, e che una politica seria debba coltivare. Le disuguaglianze si sconfiggono rimuovendo gli ostacoli che impediscono la reale realizzazione basata sul merito, sulle competenze, sugli studi, sulla capacità di rispettare se stessi e gli altri. Se hai un soggetto fragile, quel soggetto sarà più facilmente preda dei lupi che dilanieranno le carni senza senza rimorso e nella indifferenza generale.
Ora sia il tempo del lutto, della commozione, ma poi ci si rimbocchi le maniche, non servono altre pene, o inasprimento di quelle esistenti, serve COSCIENZA, che non è morale o etica, è civiltà.
E’ mai esistito qualcuno così maltrattato, così vilipeso, così insultato, tanto crudelmente e ingiustamente calpestato come noi donne?