Finalmente, si ricomincia!
Ieri, si sono svolte le prime due gare del campionato di calcio più discusso e più amato, quella Serie A che, un tempo, ospitava campioni del calibro di Maradona, Zico, Platini e che, oggi, un po’ mestamente recita, in Europa, il ruolo di torneo comprimario, non essendo alla pari della massima serie inglese o spagnola per spessore tecnico dei suoi attori.
È evidente che, rispetto agli anni Ottanta e Novanta, molte cose sono cambiate.
Non ci sono più le grandi famiglie imprenditoriali pronte ad investire: Berlusconi, Moratti sono, ormai, fuori dal grande circo della Serie A, per cui tale campionato, come molti altri settori dell’industria nazionale, è divenuto terreno di conquista da parte di Cinesi, Statunitensi, Arabi, che – attraverso l’acquisizione dei sodalizi sportivi – tentano la penetrazione in Europa.
Certo, torneranno gli sfottò fra i tifosi, per cui, al primo goal in fuorigioco o al rigore concesso con troppa generosità, si tornerà – simpaticamente ed amichevolmente – a prendere in giro il tifoso dell’altra squadra.
È questo il calcio per il nostro Paese: una grande droga, che consente di dimenticare cose ben più serie, ma, al tempo stesso, esso è un’ottima cartina di tornasole, attraverso cui è possibile conoscere aspetti rilevanti della società e della nostra economia.
Questa, appena conclusa, è stata l’estate dell’acquisto iper-milionario di un calciatore argentino, forse pagato oltre qualsiasi ragionevole soglia del buon gusto: ma, si sa, il calcio è il luogo, per definizione, delle esagerazioni e, se i conti alla fine poi torneranno, tutto è lecito, se non auspicabile.
Invero, negli ultimi anni, i conti calcistici non sono tornati affatto: non esiste sodalizio sportivo – tranne la Juve ed il Napoli, fra i club di vertice – che non abbia avuto buchi finanziari, più o meno rilevanti, da ripianare.
Ma, come in molti altri aspetti della società italiana, in momenti di disagio, anche in tale ambito la fantasia e la creatività hanno prevalso, per cui i Presidenti sono stati capaci di ricondurre, comunque, le loro società nel porto sicuro del risanamento finanziario, evitando dolorosi fallimenti, che avrebbero scosso, non poco, le rispettive società.
Oggi, l’immagine del calcio italiano, che si trasmette all’estero, è quella più fedele di un Paese in difficoltà, che però non si arrende, per cui – con molto coraggio ed una piccola componente di follia – va avanti, pur non potendo ambire al primato europeo, che – un tempo – ci spettava di diritto.
Ci stiamo leccando le ferite, sia come sistema-Italia, che come movimento calcistico, ed al momento l’operazione di resurrezione sta, progressivamente, portando i suoi frutti, se siamo ancora appetibili per gli investitori internazionali, che sono pronti ad investire centinaia di milioni di euro, pur di riportare al fasto antico sodalizi sportivi, che sono stati prossimi al fallimento tecnico e/o finanziario, come Inter, Milan, Roma.
Quando l’arbitro fischierà la fine dell’ultima partita di questo torneo, nel prossimo mese di maggio, molto probabilmente avremo partecipato ad altre discussioni intorno alla liceità di questa o di quella decisione, ma anche questo fa parte del gioco.
Che senso ha il calcio in Italia, se non si può ipotizzare – a torto o a ragione – dei gustosi retroscena, che sono tipici dell’elaborazione di menti non solo fantasiose, ma a volte molto ben informate?
Finanche, questa componente fa business: giornali, testate sportive televisive e radiofoniche vivono del pettegolezzo, della notizia sussurrata e mai esplicitamente dichiarata o verificata nella sua attendibilità.
Tutto fa spettacolo, danaro e lustrini ed, invero, come recita quel detto inglese, lo spettacolo deve andare sempre avanti, finanche quando la sua qualità non è, purtroppo, più quella di un tempo recente, irreversibilmente passato.