di Alfredo Carosella
Il Congo è nel caos ma non ne parla quasi nessuno.
Pochi giorni fa, il gruppo armato M23 (Movimento 23 Marzo) è entrato a Goma scatenando combattimenti con decine di morti e centinaia di feriti. A Kinshasa sono state attaccate le ambasciate di Francia, Belgio, Uganda, Ruanda e Kenya.
La Repubblica Democratica del Congo fornisce la maggior parte del rame e del cobalto utilizzati nelle batterie agli ioni di litio. Il controllo delle miniere dalle quali si estraggono i preziosi minerali – indispensabili per la realizzazione delle batterie che alimentano i nostri smartphone, laptop, auto e biciclette elettriche – è strategico.
Le miniere sono inaccessibili ai giornalisti ma qualcuno è riuscito a documentare che vi lavorano molti bambini, scalzi, a mani nude, senza alcuna protezione. Migliaia di persone vengono sfollate, perdendo tutto, per fare posto all’espansione delle miniere.
Dieci anni fa, Amnesty International parlava di 40.000 minorenni costretti a lavorare in condizioni estreme per una paga da fame. Noi, però, preferiamo non sentire, non vedere.
Una cosa è certa: qui non li vogliamo.
A stento qualcuno si preoccupa che possa essere danneggiato il laboratorio sull’ebola a Goma: secondo la Croce Rossa le violenze potrebbero causare la fuga di campioni del virus e di altri agenti patogeni “con conseguenze inimmaginabili se i campioni dovessero diffondersi”.
M23 è un movimento filo ruandese, quindi, con un’analisi superficiale, si potrebbe liquidare il problema come l’ennesimo conflitto tra Congo e Ruanda. Naturalmente, non è così. La guerra è tra gli Stati Uniti – e, inevitabilmente, noi – e la Cina con un terzo incomodo: l’estremismo islamico.
Un tempo, alcune aziende statunitensi controllavano varie miniere di cobalto nell’ex Zaire. Poi (sarebbe interessante sapere perché), durante le amministrazioni Obama e Trump 1, molte concessioni sono state cedute a società cinesi. Durante l’amministrazione Biden, una commissione per i diritti umani aveva invano denunciato lo sfruttamento del lavoro minorile e altre pratiche illegali nelle miniere congolesi.
Ora, bisognerebbe parlare delle politiche favorevoli alla transizione ecologica e di quelle avverse ma si tratta di un argomento complesso che richiederebbe una trattazione a parte. Come pure, in poche righe, sarebbe difficile parlare dei precari equilibri geopolitici mondiali. È importante, però, sapere che l’esercito congolese combatte i ribelli filo ruandesi con armi e droni cinesi e che la vicina Uganda ha comprato armi cinesi per combattere, in territorio congolese, la formazione jihadista Adf.
È importante perché dovremmo capire che si tratta di un conflitto che ci appare lontano ma riguarda, come tutti gli altri, il nostro futuro.
Purtroppo, preferiamo concentrarci sulla “Tiktoker di Roccaraso” che ha 2 milioni di follower, sulla lite tra Ferragni e Fedez, e su tutta una serie di personaggi che senza i social network non avrebbero alcun seguito.
Nel frattempo, c’è chi si stanca di combattere da solo contro i mulini a vento. “Medici Senza Frontiere” ha annunciato la conclusione delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo Centrale, visto che era costretta a passare metà del tempo per raggiungere i porti indicati dalle autorità italiane. La giornalista Luciana Esposito, dopo le minacce ricevute, ha deciso di non occuparsi più della camorra di Ponticelli.
Sono passati più di vent’anni da quando è stato eliminato dalla programmazione di Rai3 “RaiOt – Armi di distrazione di massa”: andò in onda solo la prima delle sei puntate previste.
Il titolo del programma ironizzava sul fatto che Rai 3 fosse l’unico canale a distinguersi dagli altri sette dominati dal pensiero unico di berlusconiana memoria.
Oggi come allora, forse anche peggio. Siamo in guerra, bellezza.