Social dipendenti: quando un blackout mette in luce le debolezze della modernità

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di Alessandro D’Orazio

Il down di Facebook, Instagram e WhatsApp non ha fatto altro che ribadire, qualora ve ne fosse il bisogno, l’importanza che hanno assunto queste tecnologie nella vita di tutti i giorni. Come un fumatore che accende d’istinto la sigaretta senza neanche accorgersene, allo stesso modo tanti fruitori dei social network aprono queste applicazioni in modo del tutto abitudinario.
Un atteggiamento questo inizialmente etichettato come mero passatempo, ma in grado di diventare, col trascorrere degli anni, una vera e propria dipendenza. Queste app, infatti, riescono a influenzare gli stili di vita degli utenti, incidendo profondamente sull’autostima dei singoli individui.
Quanto detto può essere riscontrabile in soggetti di ogni età, sebbene siano specialmente i più giovani ad assorbirne la portata.

Il social più diffuso tra gli under 20 è Instagram, mentre Facebook rimane l’app più utilizzata dagli over 30. Questi social oltre a rappresentare una fonte di guadagno (gli sviluppatori si arricchiscono attraverso le pubblicità che gli inserzionisti pubblicano), innescano un meccanismo diabolico; mettendo, ad esempio, 2 o 3 “like” ad un video concernente un determinato argomento, Facebook ne riproporrà subito altri dello stesso genere.

 

L’algoritmo che è alla base individua, infatti, i gusti dell’utente, tentando in tutti i modi di prolungare la sua permanenza sulla piattaforma. È la stessa app, inoltre, a richiamare – mediante notifiche e messaggi insistenti – l’attenzione di quel fruitore che per un determinato periodo decide di allontanarsi dai social. Il meccanismo generato tenta così di fare breccia sull’autostima e sulle passioni degli utilizzatori avvalendosi di piccoli escamotage. Uno di questi è ad esempio l’hashtag: uno strumento utile a codificare il contenuto di un’immagine o di un post, amplificandone a dismisura la visibilità.

 

Per evitare di diventare dipendenti da queste applicazioni è bene iniziare col porsi dei limiti (aprire il social solo in alcuni momenti della giornata e per un tempo limitato, impegnarsi in altre attività, ecc.). Si possono inoltre nascondere le icone dalla home per evitare possibili tentazioni, tenere il telefono lontano da sé, decidere di guardare solo determinati tipi di contenuti, e così via. Ad ogni modo, ciò che più conta è essere sempre consapevoli che questi strumenti sono in grado di fornire solo un piacere illusorio, momentaneo; mai duraturo. Una sensazione antitetica all’ineguagliabile motore propulsore rappresentato dall’etica dello studio e del lavoro.

Classe 1992. Una laurea in Giurisprudenza ed una in Operatore giuridico d’impresa. Nel mezzo l’azione: paracadutista, sommozzatore e pilota d’aerei. Classicista convinto, quanto Cattolico. Appassionato di viaggi, lettura e scrittura. Un’esistenza volta alla costante ricerca delle tre idee che reggono il mondo: il Bene, la Giustizia e la Bellezza. Senza mai perdere di vista la base di ogni cosa: l’Umanità. Se fosse nato sostantivo, sarebbe stato il greco aretè e cioè, la disposizione d’animo di una persona nell’assolvere bene il proprio compito. La frase che lo descrive: “Darsi una forma, creare in se stessi un ordine e una dirittura”. Il tutto allietato da un bel dipinto di Giovanni da Fiesole.