di Maurizio Ferrara e Pasquale Lanna
Alberto Bagnai, economista presidente della commissione finanze del Senato, ha spento sette candeline. Il suo blog di economia “Goofynomics”, come di consueto, festeggia il proprio compleanno con una conferenza internazionale organizzata dall’associazione A/simmetrie, di cui è promotore. In quel di Montesilvano (PE), il 10 ed 11 novembre scorso, si sono ritrovati intorno ad un tavolo economisti, giuristi e giornalisti eterodossi per discutere sul principio della sovranità popolare, argomento che ha ispirato il titolo del convegno: “Euro, Mercati e Democrazia 2018 – Sovrano sarà lei!”. In un momento di confusione politica in cui destra e sinistra appaiono interscambiabili avendo l’una fatto propri i temi dell’altra, la dialettica politica tiene banco intorno al concetto di Sovranità soprattutto nelle sue declinazioni, spesso fuori luogo, di nazionalismo e populismo.
Nel corso del proprio intervento, l’economista premio Nobel Jacques Sapir, ha sottolineato la centralità del principio di autodeterminazione, in quanto un popolo può dirsi sovrano allorquando gli si riconosce il potere di decidere nelle forme previste dal proprio dettato costituzionale; nell’eurozona ciò, ha proseguito Sapir, si scontra con l’impostazione tecnocratica dell’UE. Di qui l’interrogativo: dare al popolo la possibilità di scegliere il proprio destino o per contro fargli subire regole tecniche ed immodificabili? L’eurozona, come è emerso dal dibattito, ha optato per le regole, sottraendo così alla sovranità popolare spazi di decisione democratica e svuotando la politica dei contenuti che le sono propri. Il risultato è stato la riduzione dei parlamenti ad esecutori di mere funzioni notarili riguardo a decisioni adottate da organi sovranazionali come la Commissione Europea. La sovranità popolare ha invece un valore inestimabile in quanto consente alla politica di governare piegando le regole all’interesse del popolo che l’ha legittimata. Quest’ultimo, però, sarà sovrano solo quando si riconoscerà appartenente ad una determinata cultura politica. Cicerone diceva che un popolo si identifica in una istituzione data, la città; oggi, diremmo lo Stato sovrano.
Esiste allora, si chiede Sapir, un popolo europeo che possa aspirare ad una sovranità tale da prefigurare uno Stato europeo? Attualmente l’UE è considerata solo un embrione di una improbabile istituzione futura (così Macron), perché, come ha evidenziato la Corte Costituzionale tedesca, nel corso della storia non si è formato un popolo europeo con una cultura politica comune ai vari stati nazione affinché gli europei possano riconoscersi in delle istituzioni sovranazionali capaci di esautorare i singoli stati della loro legittimità democratica, superando così il semplice identitarismo etnico che attualmente li accomuna. Come ci insegna Von Hayek, nel suo lavoro del 1939 “Le condizioni economiche per un federalismo tra stati”, l’unico modo per tenere insieme paesi strutturalmente diversi è quello di adottare, in mancanza di una cultura politica collettiva, un sistema dove i diritti sociali cedono il passo a quelli individuali. Affinché ciò possa avvenire, il pubblico deve contrarsi e lasciare spazio al privato in ogni campo della vita privata e sociale. In questa direzione, ad esempio, va la riforma in Italia del “terzo settore”. Se la presenza statale deve essere minima lo Stato non deve spendere e l’austerità è la naturale condizione di applicazione di un tale sistema, mentre la moneta unica sottratta al controllo politico è lo strumento, il vincolo esterno per obbligare i popoli a convergere verso tale sistema. Di qui le politiche di austerità adottate in tutti i paesi dell’UE ed imposte anche contro la volontà popolare scaturita dalle urne ora con raccomandazioni, ora con letterine di richiesta di chiarimenti, ora con dichiarazioni pubbliche, ora con lo spread, ma sempre con un chiaro intento ricattatorio tipico delle organizzazioni tiranniche e totalitarie. In Grecia come in Italia, in Spagna come in Finlandia o in Portogallo e in Germania e via discorrendo gli effetti di tali politiche sono sotto gli occhi di tutti. La prof.ssa Granville, economista dell’Università di Rouen, nel suo intervento mostra infatti, con dati alla mano, come in Francia ad esempio quasi seicento città non accedono a internet, v’è incuria delle infrastrutture e mancanza di ospedali pubblici tanto che è stato rilevato un aumento dei parti in casa con un’impennata dei relativi rischi. Le fa eco il Prof Riccardo Realfonzo dell’Università del Sannio che smaschera, sempre attraverso i dati, l’aumento della povertà, la grande riduzione dei servizi e dei diritti sociali ai danni cittadini italiani grazie all’avanzo primario netto che da vent’anni e forse più è stato tra gli obiettivi delle finanziarie di qualsiasi governo che si è succeduto nel tempo per drenare la ricchezza dei cittadini.
Da qualsiasi parte si voglia leggere la cosa l’austerità è possibile solo se sono le regole a prevalere sulla politica quale espressione della volontà popolare. La tirannia delle regole europee pertanto piega e svuota la sovranità popolare tanto che Junker ha affermato che non può esserci una scelta democratica contro i trattati europei, così come avvenne in Grecia allorquando il risultato del referendum contro l’austerità fu ritenuto carta straccia. Pertanto la sovranità è condizione necessaria anche se non sufficiente per determinare una democrazia nella consapevolezza che questa può correggere i propri errori mentre la tirannia delle regole no. Un sovranismo non di Stati in lotta tra di loro, ma che insieme lottano contro le regole totalitarie dei mercati per recuperare spazi di democrazia al fine di restituire la libertà al corpo politico di prendere decisioni sembra l’unica strada adeguata a fronteggiare la deriva tirannica ed elitaria verso cui l’UE con la consapevolezza dei proprie istituzioni si è incamminata.