Il Comitato Nazionale di Bioetica ha recentemente pubblicato un parere sul suicidio medicalmente assistito, con cui è stato nuovamente avviato nel nostro Paese il delicato dibattito intorno l’argomento. In particolare, con il termine suicidio assistito si intende l’aiuto fornito ad un individuo che chiede di porre fine alla propria vita, ma in cui è lui stesso ad assumere un farmaco letale.
È stato questo il caso, come si ricorderà, di Fabiano Antoniani (anche conosciuto con lo pseudonimo di “Dj Fabo”), il quale aiutato dall’esponente radicale Marco Cappato, ha potuto attivare autonomamente una pompa infusionale schiacciando con i denti un pulsante. In questo caso l’aiuto e’ consistito nel predisporre il meccanismo che ha permesso di assumere la sostanza, sebbene il gesto finale sia rimasto il suo. Concetto diverso è invece rappresentato dall’eutanasia, intesa come somministrazione di una sostanza letale ad opera di una persona terza nei riguardi di chi patisca sofferenze fisiche o esistenziali eccessive.
Nonostante all’interno del Comitato i pareri siano stati difformi, il documento pubblicato ha voluto “fornire elementi di riflessione a servizio delle scelte di una società che intenda affrontare una questione, come quella dell’aiuto al suicidio, che presenta una serie di problemi e di interrogativi a cui non è semplice dare una risposta univoca”. Nel nostro ordinamento è infatti assente una disciplina specifica sia dell’eutanasia che del suicidio assistito, trattati entrambi come “aspetti delle figure generali dei delitti contro la vita”.
Il parere, redatto dal presidente del Comitato Lorenzo d’Avack e da altri illustri studiosi, ha fatto sì che emergessero posizioni pluraliste e fra loro differenti, favorevoli e contrarie. Il risultato è stato così un testo, inteso a dare informazioni alla società, al mondo politico e alla Corte Costituzionale sui nodi etici e giuridici più importanti relativi al tema.
Il Comitato raccomanda, inoltre, “l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza; chiede che sia documentata all’interno del rapporto di cura un’adeguata informazione data al paziente in merito alle possibilità di cure e palliazione; ritiene indispensabile che sia fatto ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative; auspica che venga promossa un’ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo”.