Sul Green Pass, i vaccini e la Costituzione: note a margine

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di Carlo Pontorieri

Nella sua ultima conferenza stampa il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato la possibilità di imporre l’obbligo vaccinale anti Covid; anche se “per il momento”, ha sostenuto, “l’orientamento è quello di estendere” l’utilizzo del Green Pass, includendovi altre categorie di persone a contatto col pubblico, ma ricordando pure che tra insegnanti e personale tecnico-amministrativo della scuola la percentuale dei vaccinati già supera il 90%. L’obiettivo del Governo sarebbe quello di raggiungere la percentuale dell’80% di vaccinati nella popolazione generale per la fine di questo mese.

Tuttavia, qualcuno si è mai domandato come mai nessun paese occidentale abbia finora deciso l’obbligo vaccinale per combattere la pandemia da Covid 19, ma previsto solo forme di invito o d’incentivazione?

La domanda non deve suonare peregrina, anche se, se ne scrive poco sui giornali. La ragione, secondo me, è questa: perché finora abbiamo vissuto l’epoca della fase sperimentale dei vaccini anti Covid, e dopo Norimberga non è immaginabile una partecipazione non volontaria e consapevole alla sperimentazione di un nuovo farmaco, vaccino ecc.: il diritto costituzionale dell’Occidente, anche in materia sanitaria, è un “diritto dopo la catastrofe”, per usare l’espressione dell’indimenticato maestro Giuseppe Capograssi, come mostra anche l’ultimo capoverso dell’art. 32 della nostra Costituzione, con il suo riferimento alla “dignità della persona” come paradigma interpretativo e limite generale in materia.

Per questo potrebbe rivestire un’importanza decisiva il fatto che qualche settimana fa la FDA americana abbia ritenuto conclusa la fase di sperimentazione per il vaccino Pfizer, approvandolo ora come trattamento ordinario per il Covid 19.

Ma occorre fare un passo indietro.

Solo tre anni fa (anche se ormai sembra un secolo, sentenza 5/2018, relatrice la prof.ssa Marta Cartabia, l’attuale ministro della Giustizia), la Corte costituzionale italiana – di fronte al ricorso della regione Veneto contro il cd. decreto Lorenzin, che aveva reso obbligatori diversi vaccini per i minori dei 16 anni di età, a seguito di una recrudescenza del morbillo che aveva causato 4 (quattro) morti – aveva ricordato come «l’articolo 32 Costituzione postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività». Dunque dichiarando legittima la possibilità di un trattamento sanitario obbligatorio, nel caso le vaccinazioni citate dal decreto Lorenzin.

In precedenti sentenze la stessa Corte costituzionale aveva sostenuto il principio secondo il quale «in nome del dovere di solidarietà verso gli altri è possibile che chi ha da essere sottoposto al trattamento sanitario (…) sia privato della facoltà di decidere liberamente. Ma nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri», determinando altresì quali fossero i parametri di legittimità di un eventuale obbligo vaccinale, e individuandone tre:

  1. il vaccino deve essere diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche quello degli altri;
  2. non deve incidere negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
  3. è sempre fatta salva la corresponsione di un’equa indennità in favore del danneggiato.

Ecco perché, sul piano dei possibili effetti collaterali, “normali” e dunque “tollerabili”, si può scorgere anche per questo profilo un’incompatibilità tra sperimentazione e obbligo vaccinale; giacché, com’è evidente, in assenza di dati non certificati dalle competenti agenzie per il farmaco, non è possibile determinarne né la “normalità”, né la “tollerabilità”, e per molti versi neanche “l’equità” dell’eventuale indennità.

Tuttavia, mentre scriviamo, sono già in vigore conseguenze oggettivamente sanzionatorie per la mancata vaccinazione anti Covid: per il personale sanitario il DL 44/2021 ha previsto infatti la sospensione dalle mansioni che implicano contatti interpersonali, e relative decurtazioni nella retribuzione, tuttavia col termine del 31 dicembre 2021; mentre, come si sa, con successivi decreti-legge sono state introdotte le c.d. “Certificazioni verdi COVID-19”, più comunemente chiamate Green pass, che nel frattempo sono state estese al personale della scuola e dell’università, in questo caso mutuando lo schema sanzionatorio già previsto per il personale sanitario: in assenza di Green pass i dirigenti degli istituti dovranno procedere alla sospensione dal servizio e dallo stipendio.

Dunque in Italia esiste già un vero e proprio obbligo vaccinale, seppure ristretto alla categoria di chi esercita professioni sanitarie, nonché il Green pass per altre differenti categorie di lavoratori o situazioni di socialità (ristoranti, bar, ecc.), che prevede un trattamento differenziato tra vaccinati e non: con conseguenze che appaiono abbastanza punitive di fronte a un, per ora, legittimo rifiuto di subire un trattamento sanitario non obbligatorio per legge, ma anche con problemi vari per quanto riguarda la giustiziabilità di tali provvedimenti sanzionatori e la tutela dei dati personali.

Il dato curioso sul piano ordinamentale è che, mentre le norme vigenti in materia di vaccini “storicamente obbligatori” (quelli del decreto Lorenzin, per intenderci) sostanzialmente sono prive di una vera e propria sanzione, “imperfette”, in senso tecnico; il mancato Green pass configura delle conseguenze assai più incisive per i refrattari alla vaccinazione, ma formalmente in assenza di un obbligo vaccinale. E tutto ciò, con riferimento a vaccini che solo da poche settimane sono usciti dalla fase sperimentale, in realtà solo uno tra i vaccini impiegati, e per ora negli Stati Uniti, neanche in Europa.

Che dire?

Legislazione contorta, contraddittoria, spesso improvvisata, in una parola, molto d’emergenza?

Direi di sì, e dunque occorrerebbe uscirne al più presto, piuttosto che allargare progressivamente l’applicazione dello strumento del Green pass alla gran parte delle situazioni della vita dei cittadini, come si prospetta.

D’altro canto, occorre pure tener conto che, sul piano di fatto, oggi gli standard internazionali delle sperimentazioni sono molto più lunghi, rigorosi e garantiti rispetto all’epoca di Salk e Sabin (e relativi incidenti), per non parlare di Jenner; e che una pandemia che in Italia ha superato le 130.000 vittime non è esattamente quell’epidemia di morbillo che qualche anno fa ne aveva causate 4. Per questo non condivido quella sorta di assolutismo individualista, che si legge talora tra le righe di qualche eminente giurista, ma soprattutto in tanti luoghi della comunicazione e della politica. Questa tendenza, anche quando si presenta nel suo aspetto libertario e antiautoritario, a me sembra non di rado scivolare nel tentativo di costituzionalizzazione della stagione politica neoliberista che, nella tutela dell’individuo e dei suoi diritti e nell’esclusiva e tradizionale contrapposizione tra autorità e libertà individuale, restringe la stessa dimensione del costituzionalismo post-bellico, quello appunto “dopo la catastrofe”, obliterandone il carattere sociale.

Nella nostra Costituzione sono proclamati invece dei doveri, definiti anzi “inderogabili”, di solidarietà, che fanno emergere il lato inevitabilmente metaindividuale del diritto, come ambito in cui si esprime non solo la tutela dei diritti del singolo, ma anche il principio di uguaglianza sostanziale a cui deve tendere l’ordinamento. E in materia di vaccini anticovid non vi è chi non veda il rilievo che assume la tutela non solo del diritto generale alla salute come bene sociale, ma anche dei diritti di quei soggetti fragili e non vaccinabili, protetti dal virus solo attraverso la cd. “immunità di gregge”, cioè la vaccinazione di tutti gli altri.

A seguito di questa prima approvazione come farmaco ordinario del vaccino Pfizer, a cui è prevedibile ne seguano altre, tuttavia la situazione sembra aver imboccato una svolta, ci sarà o meno la “terza dose”, volta a stabilizzare gli effetti delle prime due (come del resto capita già con altri vaccini obbligatori). Giacché, qualora gli enti internazionali ed europei considerassero finalmente concluse le fasi sperimentali dei principali vaccini anticovid, si potrebbe stabilire un vero e proprio obbligo vaccinale, con tutte le garanzie della legge, superando la stagione della legislazione d’emergenza faidaté e degli obblighi mascherati da Green pass e simili.

Il principio della riserva di legge contenuto nella nostra Costituzione, ancora all’art. 32 in materia di trattamenti sanitari, non dovrebbe infatti essere aggirato in alcun modo. Se un obbligo vaccinale sarà sancito, è bene che questo accada con un preciso atto di indirizzo politico a seguito di un ampio dibattito parlamentare (anche se ancora la nostra Consulta aveva consentito in passato la possibilità del ricorso al decreto-legge), in cui tutte le forze politiche possano dire la loro e si assumano le rispettive responsabilità di fronte ai cittadini: cioè attraverso una vera e propria legge dello Stato in senso formale, senza scorciatoie o accelerazioni occulte, vie di fuga autoritarie o “competenti”.

Chi ha scritto quest’articolo è vaccinato con le due dosi di Moderna.

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