Un giallo politicamente scorretto: “Tre spritz per ammazzare un punkabbestia”, il romanzo d’esordio di Giano Vander

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di Maura Messina

Da pochi giorni nelle librerie, il romanzo d’esordio di Giano Vander, pseudonimo di Fabio Formisano, ha già catturato l’attenzione del mondo dei lettori.

Giano Vander è nato a Cercola (Napoli) nel 1978, è laureato in Scienze motorie e lavora come insegnante. 

Il titolo del libro è tutto un programma: “Tre spritz per ammazzare un punkabbestia”. 

Si tratta di un giallo ambientato nel centro storico di Napoli. La città è minacciata da una serie di omicidi ai danni dei più famosi artisti di strada. Le indagini portano presto a sospettare di Aleandro Calicchio, uno studente schizofrenico che ha come unico confidente il suo amico immaginario, un Freud borgataro e sboccato. Aleandro si proclama innocente, ma le morti aumentano. Perché la polizia non gli crede? Perché i busker napoletani continuano a morire? 

Un giallo che stimola la materia grigia del lettore con una massiccia dose di umorismo, situazioni paradossali e citazioni cinematografiche. 

La prima presentazione si terrà sabato 28 maggio, alle ore 18:00, presso Villa Falanga a San Giorgio a Cremano (NA). A discuterne con l’autore ci sarà lo scrittore, attore e regista, Paquito Catanzaro.

Ho incontrato Giano Vander per entrare nel suo mondo fatto di ironia, espressioni politicamente scorrette e assenza di peli sulla lingua. 

 

– Come è nato “Tre spritz per ammazzare un punkabbestia”?

Mi sono fatto una canna e mi sono detto: “Ma sì, provaci, tanto non hai niente da fare dalla mattina alla sera” (sorride).

Scherzi a parte, è stata una sorta di scommessa con me stesso: avevo partecipato ad antologie di racconti e nanoracconti, a due romanzi di scrittura collettiva e a uno scritto a quattro mani. All’appello mancava un romanzo che fosse tutta farina del mio sacco, e così ho cominciato a buttare giù la trama.

 

– Perché hai scelto di ambientare la storia a Napoli? 

In genere i gialli sono ambientati sempre in posti sperduti o isolati. Prendi Don Matteo: da quando c’è lui, Gubbio è diventata il Wisconsin italiano. È davvero complicato pensare a un serial killer che agisce indisturbato in una città caotica e sempre viva come Napoli; solo negli ultimi anni Maurizio De Giovanni è riuscito a creare un filone di polizieschi immersi nella realtà partenopea, con enorme successo di pubblico. E così ho voluto provarci anch’io, anche se in maniera semiseria e quasi grottesca.

 

– Il protagonista si accompagna ad un Freud borgataro e irriverente. Come ti sono venuti in mente questi due personaggi?

Sono nati al laboratorio di scrittura creativa, tenuto da Gianluca Calvino, che ho frequentato a Pompei. Come esercizio per casa, bisognava creare un personaggio con relativi vizi, difetti, debolezze, fobie ecc e mi venne in mente l’idea di uno studente fuorisede schizofrenico; mi mancava solo l’interlocutore immaginario. Dopo qualche giorno, non ricordo come, pensai a Freud in versione tamarra, e attualmente lo considero il vero punto di forza della storia.

 

– Hai mai avuto un amico immaginario? Se sì, somigliava al Freud del romanzo?

Da piccolo avevo un amico immaginario che si chiamava “Gionchì”. Era il tipico scugnizzo di inizio anni ’80, con caschetto e camicia a quadroni fuori dai pantaloni; credo che la mia mente lo avesse creato perché parlava napoletano, cosa che a me veniva preclusa, e quindi era un po’ il mio modo di trasgredire le regole.

 

– Quanto è difficile scrivere un romanzo? Nella scrittura del tuo, ci sono stati momenti in cui ti sei arenato oppure no? 

La difficoltà di scrivere è molto soggettiva. Al laboratorio di scrittura invidiavo alcuni compagni di corso che, durante gli esercizi di improvvisazione, avevano la capacità di mettere subito su foglio fiumi di parole, mentre io dovevo riflettere per qualche minuto su cosa scrivere, poi ordinare le idee e infine iniziare a muovere la penna.

Un romanzo richiede non solo coerenza narrativa, ma anche un’organizzazione maggiore rispetto a un racconto breve. Personalmente, quando scrivo un romanzo in primis abbozzo tutta la trama, compreso il finale, poi vado a strutturare i capitoli in cinque o sei punti cardine, e infine li sviluppo.

Giano Vander

Mi sono arenato per due anni, in attesa di ispirazione. Poi a febbraio 2021 ho deciso che non potevo continuare a essere l’eterno incompiuto, mi sono imposto di scrivere un capitolo a settimana e finalmente ho portato a termine la prima stesura del romanzo.

 

– Cosa consiglieresti a chi si sta avvicinando al mondo della scrittura? 

Di leggere. È paradossale, detto da me che sono un pessimo lettore, ma se ho deciso di addentrarmi in questo mondo è proprio grazie ad alcuni scrittori (soprattutto Palahniuk, Medina Reyes e Ammaniti) i cui romanzi mi hanno lasciato a bocca aperta, facendomi capire che un genere letterario a me congeniale, da leggere con piacere prima e da utilizzare come fonte d’ispirazione poi, esiste.

 

– A breve ci sarà la prima presentazione di “tre Spritz per ammazzare un punkabbestia”, approfitta per invitare i lettori.

Se siete amanti del giallo, dell’umoristico, del grottesco, del centro storico di Napoli e del politicamente scorretto, non potete assolutamente perdervi questa presentazione.

In caso contrario, beh… venite lo stesso, ché vi offro comunque un bel bicchiere di vino rosso!

 

“Tre spritz per ammazzare un punkabbestia” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato. Mi verrebbe da dire che scende giù veloce proprio come uno spritz gelato in una calda giornata d’estate. Adatto a chi ama i gialli e ai lettori in cerca di uno stile nuovo, fuori dai soliti schemi. La forza dell’autore sta nel linguaggio schietto e libero dalla paura del giudizio esterno. Giano Vander ha scritto probabilmente il libro che gli sarebbe piaciuto leggere ed è questa sincerità di intenti che funziona irrimediabilmente.

Per farvene avere un’idea, riporto un estratto da “Tre spritz per ammazzare un punkabbestia”, sicura che dopo averlo letto non potrete fare a meno di leggerlo per intero:

 

“«’Sta lengua t’a faccio ‘nghiottere, strunz’!» esordisce, minacciandomi con la chitarra e mantenendo quella postura da australopiteco.

 

«E poi dopo mammeta comme fa?» gli rispondo.

 

Lo so, non si mettono le mamme in mezzo. Ho violato un altro principio di Andolfo, ma non me ne fotte. E ne pago le conseguenze. Oreste, Ovidio, coso lì, fa partire una sputazzata che mi coglie in piena faccia.

 

Ad azione corrisponde una reazione uguale e contraria, ma non è sempre così. Perché la mia reazione sarebbe quella di pigliarlo per i capelli e fargli capa e cesso finché la tazza non fa pendant col vestito di Babbo Natale.

 

Sarebbe. Invece mi vengono i conati di vomito. Ho osservato l’interno di quella saittella da cui è appena partito lo sputo e il tizio ha i denti tricolori. Beige, gialli e neri. Starebbe benissimo come soprammobile nella sala da pranzo di mia nonna. Immagino tutta la monnezza che quell’inceneritore umano ha maciullato e mi vengono le paranoie. Dovrò farmi il test per l’epatite, l’HIV, l’ebola, lo scolo?”

 

 

 

IL LIBRO

Tre spritz per ammazzare un punkabbestia

di Giano Vander

genere giallo/umoristico

Dialoghi Edizioni

Aprile 2022

Pagine 130

Euro 14

 

Per seguire questa avventura letteraria, ecco i canali social:

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Maura Messina, art-designer napoletana, classe 1985. Da sempre sensibile alle tematiche ambientali, in particolare al dramma della terra dei fuochi. Dal 2014 collabora con varie testate giornalistiche. Autrice del libro illustrato autobiografico “Diario di una kemionauta” e del romanzo distopico “4891 la speranza del viaggio”, editi da Homo Scrivens. Ha partecipato a numerose mostre d’arte come pittrice. Il suo motto è: per cambiare il mondo basta napoletanizzarlo.