“Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni. Non pensate alle vostre frustrazioni, ma al vostro potenziale irrealizzato. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare.”
Parlare oggi di giovani è diventato un cliché, una moda, uno strumento che i politicanti usano come spot elettorale ogni qualvolta si tratta di conquistare un po’ di consenso . Ma in realtà le promesse restano sulla carta e l’Italia è sempre di più un paese non per giovani, un Paese che respinge la professionalità acquisita dai ragazzi e che li getta in pasto ai lupi della raccomandazione o lontano dalla propria terra.
Quelli che non vanno via, sono costretti a rinunciare alla propria indipendenza e lasciano, secondo gli ultimi dati la casa familiare, senza rinunciare comunque all’appoggio dei genitori, intorno ai 30 anni. Ed in ogni caso questo tipo di scelta comporta che la costruzione di un nucleo familiare proprio arrivi ancora più tardi, ecco perché l’Italia si presenta come un paese in perfetto declino demografico, non per scelta quanto per costrizione. Eppure ci hanno insegnato che se avessimo studiato, ci fossimo impegnati, specializzati, avessimo imparato le lingue, fatto esperienze all’estero, avremmo potuto avere il mondo tra le mani, avremmo, ma così non è stato.
Al contrario per conquistare il consenso delle generazioni precedenti alla nostra si approvano manovre economiche che investono sempre meno su futuro dei giovani, sulla formazione, sull’istruzione, e sulla crescita umana, culturale e professionale, si mantengono i privilegi di quelli che li hanno già e si finanzia sulla nostra pelle quota 100 e reddito di cittadinanza, o si finanziano mega concorsoni che sono null’altro che altra macelleria sociale. Ed allora le parole rimangono su carta e se non seguono fatti, come ci racconta la recente relazione dello Svimez, non incidono, non tracciano solchi, non cambiano il destino dei giovani, che sono meno sicuri dei loro genitori, meno ricchi e meno tutelati, meno sognatori, e perdono ogni giorno le speranze di poter vivere dignitosamente.
Si rimane al palo, per usare una espressione poco felice e poco dotta. Per cui una politica che non abbia come orizzonte un impegno concreto in questa direzione, è una politica politicante dal fiato corto, una politica senza lungimiranza e che ha come obiettivo quello di negare ad un Paese il futuro che merita e che dovrebbe avere. Senza investimenti, senza soluzioni la politica è solo una scatola vuota che si può riciclare, cambiare veste, abbellirsi di orpelli, ma rimane un involucro privo di contenuti, che cancella i sacrifici di una intera generazione del dopo guerra che ha lottato per garantire pace e prosperità ai propri figli.
Per cui forse sarebbe il caso che ci fosse una rivolta generazionale, un nuovo ’68, una reazione anche violenta che li ponesse dinanzi alla necessità di un cambiamento vitale, necessario, per tutti, nessuno escluso. E forse piccoli fuochi sotto la cenere cominciano ad ardere.