È chiaro che il PD, all’indomani del voto referendario, sia un partito allo sbando.
I lavori odierni dell’Assemblea Nazionale hanno dimostrato che, per un verso, Renzi ha capito la società italiana con molto ritardo, nonostante egli fosse al Governo.
Intuire solo oggi che le fasce sociali deboli e che le aree disagiate del Paese non hanno votato Sì al referendum del 4 dicembre dimostra un limite semantico da parte dell’ex-Premier, il quale avrebbe potuto comprendere una simile realtà molto tempo prima di chiamare gli Italiani ad un voto, che ha spaccato in due la nazione.
Altresì, i toni usati da una parte del PD verso l’altra, come nel caso di Giachetti verso Speranza, sono l’ulteriore dimostrazione che il dibattito interno sta scadendo a mere liti da cortile, perché soltanto fra comari di paese si può giungere ad un livello così basso di interlocuzione.
Questi fattori, invero, non aiutano né il nuovo Premier, Gentiloni, che ha bisogno dell’intero partito al suo fianco, se vuole resistere a Palazzo Chigi, né il Paese, visto che il Parlamento dovrà a breve varare la nuova legge elettorale, che potrà essere approvata, solo se all’interno del più grande gruppo parlamentare ci sono coesione ed unità d’intenti.
È evidente che il nuovo meccanismo elettorale può, almeno in parte, rifarsi al Mattarellum, peraltro sistema elettorale caro al Capo dello Stato, visto che ne fu lui stesso l’ideatore.
Quella legge prevede, per la Camera dei Deputati, una quota di seggi attribuiti con il meccanismo uninominale maggioritario ed una, invece, con il proporzionale puro.
È pleonastico sottolineare che un siffatto automatismo di voto non può che favorire un Centro-Sinistra coeso, ma dov’è più una simile coalizione, visto che le politiche renziane hanno contribuito a fare terra bruciata intorno al Partito Democratico?
Inoltre, è ovvio che, al di là delle determinazioni, cui si arriverà in sede di approvazione della nuova legge elettorale, bisognerà frattanto pure governare il Paese e la strada, che si presenta dinnanzi a Gentiloni, non è per nulla facile.
Ancora, non può che essere facile prevedere un inasprimento dei rapporti in Parlamento fra PD e Grillini, che sarà foriero di una conclusione di legislatura molto accesa, tanto più qualora si andasse al voto nel 2018, di fatto con una campagna elettorale già iniziata.
Ma, il PD dov’è?
Certo, non può essere il partito delle correnti, che non costruiscono e che si lanciano solo offese e contumelie, finanche davanti alle telecamere televisive.
Forse, andremo incontro ad una fase di rottura interna, che può prefigurare, perfino, una scissione?
Invero, sono questi quesiti che sono lontani dagli interessi degli Italiani, che sono piuttosto concentrati sulla situazione economico-sociale, invero, tragica.
Se una volta il PD ha già sbagliato, credendo che le riforme costituzionali potessero prendere il posto del pane per i nostri connazionali, mica sbaglierà una seconda volta, mettendo solo la legge elettorale al vertice degli interessi del Parlamento nei prossimi mesi?