di Rosario Pesce
È evidente che la conferenza stampa, con cui il Premier Conte ha confermato la chiusura sostanziale del Paese fino ai primi giorni di maggio, costituisce un salto di qualità per il Presidente del Consiglio, che ha smesso i panni del tecnico prestato alla politica ed è diventato un politico tout court, partecipando al dibattito e rivolgendosi in particolare ai due oppositori, Meloni e Salvini.
Non può sfuggire che il punto oggetto della discussione è centrale: l’adesione dell’Italia al Mes, cioè allo strumento che consentirebbe il finanziamento dei Paesi in difficoltà con condizioni di indubbio vantaggio per gli Stati, come la Germania, che soccorrerebbero quelli più in disagio, come avvenne ai tempi della crisi greca.
Ed è pleonastico sottolineare come, finanche all’interno della compagine di Governo, le visioni siano diverse: da una parte, quella di Conte che tende a rigettare il Mes, per chiedere con maggiore forza all’Europa l’emissione degli eurobond; dall’altra, invece, quella del Ministro del Tesoro Gualtieri e, forse, del PD che invece firmerebbero subito il Mes, percependo le difficoltà che ci sono per giungere all’emissione dei titoli di credito europei.
È ovvio che, in un simile contesto, l’opposizione non può che soffiare sulla fiamma del dissenso, visto che le difficoltà economiche, per moltissimi strati sociali, permangono.
A fronte di una simile situazione, lo scenario politico non può che essere in un forte dinamismo, che la Conferenza stampa del Premier conferma a pieno.
Quali saranno, allora, le conseguenze?
Il premier non è più solo un tecnico prestato alle istituzioni, ma è il leader di un partito che, al momento, non si è ancora formalizzato, ma che di fatto già esiste e che è trasversale ai due principali partiti che sorreggono le sorti del Governo, PD e M5S.
Lo sfogo di Conte contro la Meloni e Salvini è utile perché consente di far emergere il dissenso interno e di manifestare la presenza di un gruppo di sostenitori del Premier che, invero, costituisce lo zoccolo duro del consenso nei suoi riguardi.
Questo fatto, certo, consentirà a Conte di precostituire una posizione di forza nel dibattito parlamentare dei prossimi mesi, anche allo scopo di assicurarsi una continuità nell’esercizio della funzione di Premier.
Decisiva, allora, sarà la partita con l’Unione Europea: questa è il nostro orizzonte culturale, politico ed istituzionale per i prossimi decenni, per cui è saggio chiedere condizioni di rispetto e tutela degli interessi nazionali, ma da quel consesso non si può prescindere ed, in tal senso, bene ha fatto Conte a ricordare a Meloni e Salvini che nessun Governo italiano precedente, né di Destra né di Sinistra, ha mai chiesto l’uscita dell’Italia dall’Europa, per cui non si può che proseguire lungo questa tradizione consolidata di filo-europeismo e filo-atlantismo, che sono l’unica cornice internazionale possibile per chi vive e produce nel bacino del Mediterraneo, guardando all’Atlantico e non all’Oriente.