di Rosario Pesce
Come recita il titolo di una celebre canzone scritta da Califano e portata al successo dai Tiromancino, il nostro sembra un tempo, davvero, piccolo.
Infatti, la recrudescenza di fatti violenti ed all’insegna del razzismo sembra essere la prerogativa essenziale di questi anni, nel corso dei quali ogni Stato europeo si chiude nel suo particolarismo, dimenticando che al di fuori dei suoi confini nazionali esiste una fetta cospicua di umanità che ambisce all’integrazione ed al raggiungimento di standard di benessere, almeno, comparabili a quelli dell’Occidente.
Poi, sulle paure della pubblica opinione soffiano quanti hanno interesse, per ragioni meramente elettoralistiche, ad alimentare il fuoco dell’odio e della violenza, ipotizzando cosi di poter meglio governare Paesi che, altrimenti, essi non governerebbero mai, essendo privi della necessaria forza della ragione e dell’intelletto.
Il dramma è evidente: rischia di saltare la costruzione dell’Europa unita, a cui hanno lavorato migliaia di intelligenze nel corso degli ultimi decenni, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi.
E se dovesse saltare il sogno europeo, si tornerebbe indietro ai secoli bui delle guerre sul suolo europeo, visto che verrebbe meno quel collante che, finora, ha consentito all’Europa di rimanere fuori dai grandi conflitti, eccezione fatta per quelli derivanti dall’implosione dell’ex-Jugoslavia nel corso degli anni ’90.
E, proprio, l’ex-Jugoslavia rischia di divenire la cartina di tornasole di un intero continente, sul cui suolo le grandi potenze si contenderebbero le aree di influenza economico-commerciale, proprio come avvenne di fronte alle nostre coste, quando la Croazia e la Serbia si sono contese ciò che rimaneva del Paese di Tito.
Vogliamo, come Europei, fare la medesima fine di Serbi e Croati?
O, piuttosto, vogliamo rilanciare il sogno di Spinelli e di tutti i democratici e liberali, che hanno creduto – per davvero – di poter dar vita ad uno Stato federale, che andasse dall’Oceano Atlantico fino ai confini con la Russia?
È evidente che le prossime elezioni europee saranno un momento fondamentale per intuire gli sviluppi dell’Europa del XXI secolo.
Se dovessero vincere l’egoismo e le paure, si farebbe un pericoloso passo indietro in termini di crescita democratica delle istituzioni continentali.
Forse, gli Europei non sono, ancora, pronti per il salto di qualità?
O, forse, stiamo già percorrendo la strada in senso inverso rispetto a quello indicato da chi ha creduto ad un’Europa dei popoli?