Il Gargano è area molto diversa rispetto all’amato Salento, nonostante siano nella medesima regione.
Attraversare, infatti, il Gargano è un’avventura, che riporta l’uomo indietro nella sua storia, sia collettiva, che individuale.
La natura qui è, un po’ ovunque, selvaggia.
Le contaminazioni antropiche, che pure ci sono state in abbondanza, non hanno modificato l’essenza di questi luoghi, tuttora acquitrinosi e pieni di aree, che non sono state oggetto di una bonifica radicale.
Le saline sono uno spettacolo unico: ricordano un’Italia operaia che, altrove, non esiste ormai più.
La Puglia, infatti, nonostante sia andata soggetta a modifiche economiche notevoli, per effetto dello sviluppo del turismo e del settore terziario, rimane pur sempre la regione del Sud, che vanta ancora la struttura industriale più importante, tanto più rispetto ad altre parti del Paese, che invece hanno subito una deindustrializzazione molto forte e rapida.
In tal senso, osservare la presenza di fenicotteri e di gabbiani, non distanti dai centri dell’industria del Novecento, rappresenta uno spettacolo che, più unico che raro, trasmette bene l’immagine di un territorio sospeso fra il passato ed il futuro.
Il respiro di un ritmo ancestrale è più che evidente, quando – per chilometri interi – si procede su una lingua di terra sospesa a metà fra il mare, da una parte, e gli acquitrini dall’altra.
Non è un caso se, in questa parte d’Italia, si è radicato il culto del Santo più vicino alle povere genti, che ha avuto il Sud: quel Padre Pio, che parlava in particolare ai contadini ed agli operai dauni, mentre la Chiesa di Roma, tragicamente troppo vicina alle posizioni di Padre Agostino Gemelli, non aveva orecchie per udire il messaggio del fraticello di origini campane.
In queste terre, i volti delle persone sono rimasti, per lo più, quelli che poteva osservare il frate di Pietrelcina: volti neorealistici, che trasudano lavoro, fatica, impegno, capacità di sacrificio, virtù che ormai la nazione imborghesita non apprezza e non ricerca, neanche, più.
Poi, ad un tratto, la Puglia del Gargano ci sorprende: la pianura diviene collina e, lì, si scopre la presenza di centri religiosi, come Monte Sant’Angelo, che furono il luogo di passaggio di civiltà importantissime, da quella longobarda a quella normanna, che impreziosirono di opere d’arte, in nome del culto di San Michele Arcangelo, un territorio destinato, oggi, tanto al turismo laico, quanto a quello religioso.
In questa regione, così descritta, ovviamente non può mancare la presenza dell’ulivo, pianta simbolo di un intero territorio, che si sviluppa da Foggia a Lecce, senza soluzione alcuna di continuità.
Ma, cosa vi lascia il turista distratto dei giorni di Pasqua e Pasquetta?
Forse, qualche soldo, che certo non fa, mai, male in momenti così tristi per l’economia nazionale, ma in particolare vi dovrebbe lasciare l’amore e la passione per un’Italia, che non c’è più altrove e che, chissà per quanto tempo ancora, invece tenderà a resistere in una terra sospesa fra il mare Adriatico e l’Appennino irpino-dauno.
Rosario Pesce