- di Mario Piccirillo
Buongiorno, vi presento l’Italia. Se avete un amico straniero e volete spiegargli in che posto ruminato dalla burocrazia ci tocca vivere, potete usare questa storia vera.
In un momento imprecisato del recente passato Giovanni (lo chiameremo così), residente in Abruzzo e domiciliato per lavoro in città diverse ogni anno, non paga una multa di un centinaio di euro. Semplicemente perché l’ha dimenticata in un cassetto, o magari l’ha buttata per sbaglio. E’ strano, perché Giovanni è un tipo precisino, paga tutte le sue tasse sempre in tempo, ci tiene. La multa non pagata prende un percorso al buio, si gonfia di interessi, le notifiche non raggiungono mai Giovanni che continua la sua vita inconsapevole. Un giorno Giovanni decide di pagare il bollo auto e non ci riesce: online, in banca, dal tabaccaio… niente. Poiché è un tipo precisino, e ci tiene, chiama l’Aci Abruzzo. “Ci spiace, lei non deve pagare il bollo perché la sua auto è sottoposta a fermo amministrativo. Deve a Equitalia 400 euro”. Giovanni, come si dice, cade dal pero. Chiede lumi, ma l’Aci Abruzzo di più non sa: “Si deve rivolgere a Equitalia”.
Mettiamo un primo punto: lo Stato per una multa non pagata e mal notificata ad un certo punto – senza avvertire – mette un fermo giudiziario su un bene di tua proprietà, a capocchia. Fregandosene se magari è l’auto con la quale lavori ogni giorno. E non te lo dice nemmeno.
Ok, andiamo avanti. Giovanni si reca presso gli uffici di Equitalia a Napoli, dove vive in questo periodo. E qui esplode il bubbone del paradosso: Equitalia a Napoli gli dice che non è un caso di sua competenza, e Giovanni se vuol sapere perché non può più usare la sua macchina deve rivolgersi a Equitalia a L’Aquila. Cioé: nel 2016, Equitalia in una Regione non sa quel che fa Equitalia in un’altra Regione. E può risolvere l’arcano? Mandare una mail? Fare un telefonata? Spedire un fax? Esistono ancora i fax? No. Secondo l’impiegato Giovanni deve recarsi – in treno, visto che la macchina non può usarla – a L’Aquila, per investigare in prima persona sul suo caso. Giovanni vorrebbe solo sapere quanto pagare per uscire da questa situazione, ma non può. In alternativa – scopre navigando sul sito di Equitalia – se possiede il pin dell’Inps può accedere anche alle funzioni online di Equitalia e fare da sé. Bene, pensa Giovanni, il pin dell’Inps ce l’ho… E no! Perché il pin in suo possesso, non avendolo utilizzato negli ultimi due anni è scaduto. Giovanni, che ancora miracolosamente non si è dato fuoco, chiama l’Inps. “Rivuole il suo pin? Bisogna fare la revoca… e poi chiederne un nuovo”. Non è il momento di fare i difficili e chiedersi il perché di tale assurdità, Giovanni va a testa bassa: ok facciamolo! “Per chiedere la revoca serve la tessera sanitaria con il chip”, continua l’impiegata. Giovanni ha la tessera sanitaria cartacea, quella rosa per intenderci. “No, non va bene”. E quindi? Semplice: “Può recarsi all’Agenzia delle Entrate, dove potrà fare richiesta per la nuova tessera sanitaria”…
Lo so, vi siete persi. Ma è facile, seguitemi: vai all’Agenzia delle Entrate e richiedi una nuova tessera sanitaria, con la quale puoi andare all’Inps per revocare il tuo vecchio pin e richiederne uno nuovo, con il quale puoi accedere ad Equitalia online, capire perché ti hanno sequestrato la macchina, trovare il modo di pagare il tuo debito e magari riuscire nell’impresa di farti “sbloccare” la tua auto.
Sempre che non salti fuori qualche altro intoppo, o che Giovanni nel frattempo non abbia optato per una sacrosanta tossicodipendenza.
Il motto che trionfa sulla home page dell’Agenzia per l’Italia Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri recita: “Il Paese che cambia passa da qui”. E poi se ne va all’estero, perché non ne può più.