di Rosario Pesce
Ed, allora, il dado è tratto: Salvini ha tolto la fiducia al Governo Conte, nella speranza di andare a nuove elezioni in autunno e di incassare il medesimo consenso che ha avuto alle europee della scorsa primavera.
A meno che non cambi idea nel corso del dibattito parlamentare, è chiaro che le soluzioni possibili sono due: o il voto anticipato – appunto come vuole il leader della Lega – o un Governo di scopo con una maggioranza diversa, che nell’odierno Parlamento può essere sorretta solo da un accordo alla luce del sole fra il M5S ed il PD.
È ovvio che un Governo siffatto sarebbe giustificato solamente dall’eccezionalità del momento, visto che lo scioglimento anticipato delle Camere comporterebbe la mancata approvazione della Legge di Bilancio, quindi l’esercizio provvisorio e l’aumento dell’Iva, che è una delle clausole di salvataggio imposta dall’Europa per la tenuta dei conti dello Stato.
I due grandi nemici, PD e M5S, sarebbero costretti a convivere per evitare il tracollo finanziario della Repubblica e per scongiurare il trionfo possibile di Salvini?
È possibile uno scenario simile?
La prima risposta sarebbe negativa, ma ragionando con attenzione forse le chance sono più rilevanti di quelle che potremmo prevedere.
In primis, quale parlamentare – dopo un solo anno di mandato – vuole andare a casa, sapendo bene di poter non essere più riconfermato?
E, poi, è evidente che le leadership, rispetto allo scorso anno, sono cambiate.
Nel 2018, infatti, l’accordo non fu possibile perché i due leader erano, ancora, Renzi e Di Maio; oggi, nessuno dei due è più il leader del proprio partito.
Il PD ha una nuova Segreteria, mentre il vero leader grillino è divenuto in questi mesi il Premier Conte, che ha dimostrato grande senso di equilibrio ed, anche, notevole personalità nel gestire la fase della crisi voluta da Salvini, almeno finora.
D’altronde, dello spirito grillino egli ha ben poco: è un illustre giurista e – quindi – ben accetto alle élite del Paese; è una persona di cultura moderata ed ha dimostrato, appunto, che quando deve assumere posizioni forti, certo non si tira indietro.
Peraltro, la sua rinnovata sensibilità moderata l’ha dimostrata in due passaggi fondamentali: in primis, quando ha preso atto che la TAV in Piemonte deve essere realizzata, smentendo le posizioni storiche del Movimento, e poi quando ha partecipato in modo costruttivo alla decisione del gruppo parlamentare grillino in Europa, orientandolo a votare per la Presidente della Commissione voluta dal PSE e dal PPE.
Ed, allora, Conte può farsi garante di un accordo con Zingaretti, che servirebbe a mettere in sicurezza in primis i conti dello Stato?
Inoltre, non sfugge un fatto: le elezioni anticipate potrebbero non mutare in modo sostanziale lo scenario odierno, per cui, finanche dopo il voto, per scongiurare un Governo guidato da Salvini potrebbe essere necessaria un’alleanza PD-M5S.
Ed, allora, la domanda sorge spontanea, come si diceva un tempo in tv: perché rinviare al dopo-elezioni ciò che si può fare già prima?