Quella dell’estrema Destra, in Francia, è stata una vittoria ampiamente prevista, visto che gli attentati di Parigi del mese di novembre hanno, ineluttabilmente, spostato gli orientamenti della pubblica opinione in favore di chi predica, da anni, una linea politica all’insegna dell’odio e del rifiuto delle diversità.
Purtroppo, il dato francese non è una mera contingenza, benché si votasse solo per eleggere dei Consigli Regionali: appare evidente che il fallimento del processo di integrazione abbia spinto gli estremismi a radicalizzarsi ulteriormente, per cui chi professa un credo egoisticamente identitario riceve un consenso ampio da parte di chi crede e teme che il musulmano, che abita sotto casa, possa ucciderlo o, peggio ancora, possa sottrargli il posto di lavoro, che consente a lui di vivere ed alla sua famiglia, nonostante tutto, di sopravvivere.
Pertanto, la Destra vince predicando un messaggio fortemente accentuato sui temi della sicurezza, da quella paramilitare a quella sociale ed economica.
Quindi, si può dire che il neo-fascismo, sia pure riproposto in una salsa più apparentemente democratica, sia tornato di moda, anche come reazione ai torti della globalizzazione ed ai limiti di un processo di unificazione europea, che oggi forse vive il momento peggiore dalla fine degli anni Novanta, dal momento che la creazione di una moneta unica non è coincisa con la nascita di un comune sentire fra i cittadini, che anzi si avvertono come nemici fra loro molto di più di quanto non lo fossero prima della caduta del Muro di Berlino, quando il vecchio continente era diviso in due blocchi contrapposti, derivati dalle scorie della Seconda Guerra Mondiale.
E la Sinistra?
Ed i partiti moderati di Centro cosa fanno per evitare una siffatta deriva autoritaria ed antidemocratica?
È evidente che la Sinistra sia impegnata in un processo di ridefinizione del proprio essere sociale, visto che, tuttora, in Italia come in molte nazioni europee, i suoi leaders sono combattuti fra un orientamento filogovernativo ed iper-moderato ed uno, invece, di lotta e di contestazione sociale, che sembra, comunque, fortemente minoritario.
I partiti moderati, dal canto loro, stanno progressivamente scomparendo, visto che sono le principali vittime della contestazione radicale degli elettori, per cui, incarnatisi nei Governi, di cui hanno fatto parte, essi rischiano di essere spazzati via, quando nei prossimi tre anni si andrà al voto politico in tutti i più importanti Paesi dell’U.E.
È lo scenario tipico di un tempo storico, che preannuncia un clamoroso disastro: in queste condizioni, a breve ogni nazione europea sarà consegnata ad un nazionalismo, tanto violento sul piano verbale, quanto pericoloso sul piano della prassi istituzionale.
È ineluttabile, allora, fermarsi a ragionare e capire i motivi per cui, dopo aver tentato di costruire un mondo migliore, si è invece realizzato, a partire dal 1989 in poi, uno ben peggiore di quello precedente, dove non solo è scoppiata la conflittualità fra etnie e religioni diverse, ma ancora peggio è venuto meno il sentimento della solidarietà, che tradizionalmente legava fra loro popoli, che avevano fatto parte di una storia comune e, per molti aspetti, lato sensu identitaria.
Oggi, cristiani contro musulmani, domani europei contro altri europei: questo è il destino verso cui ci stiamo incamminando?
La risposta non può che essere affermativa, dal momento che gli odi difficilmente si placano, quando in gioco c’è la sopravvivenza di interi ceti sociali, destinati alla rottamazione, perché la globalizzazione li ha, tragicamente, esclusi dal mondo del lavoro e, dunque, da standard almeno accettabili di consumi.
Purtroppo, la politica non solo è sorda ai bisogni dei più deboli, ma dimostra una debolezza cronica rispetto alle problematiche, che ha di fronte a sé, visto che il potere economico mondiale le detta l’agenda e, soprattutto, le priorità strategiche, che essa deve implementare, a dimostrazione del fatto che la fine del Novecento e, dunque, delle grandi ideologie ha determinato, altresì, la conclusione del dibattito democratico più autentico, lasciando spazio a chi, invece, cattura il consenso dei cittadini parlando al ventre ed al loro inconscio, piuttosto che alle menti più belle e raffinate dello spirito europeo, che pure continuano ad esistere, sia pure in modo molto limitato e, tendenzialmente, minoritario.
Inclusione, lotta all’emarginazione, incontro di civiltà sembrano essere parole d’ordine, ormai, non più di attualità, dal momento che i concetti contrari sembrano affascinare una platea di cittadini del nostro continente sempre più vasta ed, in particolare, più attenta al perseguimento del fabbisogno individuale, che non di quello di gruppo.
Orbene, in Francia la Le Pen, in Italia la Meloni e Salvini, in Germania la Destra neo-nazista: quando abbiamo costruito l’Europa, potevamo mai immaginare che questo fosse l’esito?
Ovvero, quali azioni politicamente eclatanti dovranno sorgere, perché l’elettorato torni a votare per opzioni politiche degne, sia sul piano dell’elaborazione dottrinaria e programmatica, che su quello della pubblica e privata moralità?