di Rosario Pesce
È chiaro che, nei prossimi giorni, verificheremo le conseguenze delle riaperture in termini di crescita del contagio.
A fine maggio, avremo un quadro completo e potremo comprendere se il virus ha ripreso ad espandersi o se si è arrestato, per effetto della campagna di vaccinazione, che sta procedendo in maniera spedita in particolare in alcuni territori.
I dubbi non mancano.
Il dibattito fra coraggiosi e prudenti continua da diverse settimane.
È ovvio che, in un caso siffatto, le ragioni da esaminare sono molteplici: quelle della scienza in primis e poi quelle dell’opportunità politico-economica, visto che siamo in prossimità dell’estate e, dunque, dell’avvio della buona stagione e di tutto ciò che esso comporta, in termini virtuosi, per gli operatori del settore del turismo, che costituisce – pur sempre – il principale introito per molte regioni.
Le difficoltà dei mesi scorsi nell’implementazione della vaccinazione sono state evidenti ed, oggi, costituiscono il principale motivo di preoccupazione, dal momento che, se avessimo avuto lo stesso trend del Regno Unito, oggi saremmo molti vicini all’immunità di gregge, che invece permane come obiettivo raggiungibile non prima del mese di luglio.
Ed, allora, non possiamo che sperare che il virus attenui la sua forza o che le varianti, che al momento circolano, siano sensibili al vaccino, per cui si limiterebbe comunque in modo significativo la platea dei possibili contagi.
Certo è che, alla fine di questa ennesima fase della pandemia, bisognerà pur soffermarsi a verificare la bontà delle decisioni prese, perché al momento una scelta sbagliata può determinare più rischi del virus stesso e della sua conclamata capacità di moltiplicazione in adulti e bambini.