di Carlo Pontorieri
Al di là delle paure e nevrosi scatenate dalla pandemia prima, dal vaccino poi, nevrosi come sempre strumentalizzate dalla destra, la fobia contro i vaccini mostra qualcosa di nuovo nel rapporto tra idea di medicina naturale e pubblico più comune.
Credo valga la pena approfondire.
Prima di tutta questa storia i vaccini erano considerati una terapia naturale, e con essi l’omeopatia, medicina di elezione per gli adepti della new age o piu in generale delle pratiche di vita sedicenti alternative.
La motivazione era facile da intuire: gli omeopati infatti predicano che la loro medicina si fonda sulle capacità naturali di reazione dell’organismo alle malattie, solo stimolate dai rimedi omeopatici. Rimedi, come tali, dunque non rientranti nella categoria dei farmaci, prodotti chimici estranei all’organismo.
Il principio fondamentale dell’omeopatia è Similia similibus curantur, cioè la malattia si cura con qualcosa che le somigli.
Tutti infatti abbiamo sentito parlare di taluni oligoelementi o di altri prodotti naturali che producono effetti simili alle malattie, ma che correttamente somministrati possono funzionare da cura per quelle patologie che producono effetti consimili.
Così si somministra per esempio un certo elemento, che normalmente produce contrazioni o nevralgie, per curare gli stati spastici o le stesse nevralgie.
Tali rimedi omeopatici sono prodotti attraverso un numero indeterminato di sciacqui in acqua fresca di quell’elemento, per eliminarne ogni effetto tossico o dannoso, ma immaginando pure che l’acqua abbia una qualche memoria che ne conservi traccia e poi agisca sull’organismo del malato, attivando o migliorando la reazione dell’organismo alla malattia.
Da ciò il famoso aggravamento omeopatico, che avviene nelle prime fasi della terapia, e poi la guarigione determinata dallo stesso organismo e non da agenti chimici esterni, visto che chimicamente, dopo tante diluizioni, nelle fialette omeopatiche si può trovare solo acqua, quell’acqua dalla lunga memoria…
Ok, siamo quasi di fronte a un pensiero magico, fondato su analogie non verificate e presupposti improbabili.
Tuttavia, come ben sanno i cultori della omeopatia (tra i quali ovviamente non ci sono anch’io), i principi fondamentali di questa terapia furono elaborati da Samuel Hanhemann nel 1806 generalizzando l’esperienza dei vaccini, che proprio all’inizio dell’Ottocento avevano mostrato all’Europa e al mondo tutta la propria capacità terapeutica.
Il rimedio omeopatico infatti agisce esattamente come un vaccino, anche se con proprie caratteristiche.
Ma anche il vaccino per molti versi agisce come un rimedio omeopatico: cioè è la più naturale delle terapie, perché innesca la reazione dell’organismo, quella naturale, senza troppi interventi della chimica.
E francamente appare curioso che ci sia tanta gente che questa cosa non l’afferra, anche in quel mondo new age o naturalista che della omeopatia ha fatto una ragione di vita.
P.S. – sul piano della storia di Napoli è interessante che non solo il regno dei Borboni fu il primo che sperimentò una sorta di obbligo vaccinale antivaioloso, per quanto le amministrazioni del tempo lo potessero permettere: la regina Maria Carolina aveva visto la propria famiglia funestata dal vaiolo e tutta la corte napoletana fu tra le prime in Europa a sperimentare il vaccino. Ma anche l’omeopatia trovò subito a Napoli un pubblico attento. Anzi, proprio a Napoli si realizzò la prima traduzione in lingua italiana del Trattato di Hahnemann, oggi una vera chicca per i bibliofili.
P.P.S. – sul piano della storia delle politiche pubbliche per la sanità è interessante che in questo stesso periodo in cui si sono previste le vaccinazioni e il Green pass in Francia si sia eliminata la copertura del Sistema Sanitario francese per i rimedi omeopatici. Una coincidenza interessante.