di Benedetta Lenzi
È un comune italiano della provincia di Trento, Vermiglio, a dare il nome all’omonimo film di Maura Delpero. Vincitore del Leone d’argento a Venezia, è adesso la pellicola selezionata per rappresentare l’Italia agli Oscar 2025.
Potrebbe, quindi, aggiudicarsi la statuetta di miglior film internazionale, se dovesse entrare nella rosa che sarà annunciata il prossimo mese di gennaio. Per il nostro paese costituirebbe un doppio motivo di vanto. Da una parte l’orgoglio di ricevere un così prestigioso riconoscimento, dall’altra il fatto che a vincerlo sarebbe, per la prima volta nella storia dell’Italia, una regista donna.
Maura Delpero firma, non solo la regia, ma anche la sceneggiatura, di Vermiglio. Si tratta di un luogo a lei molto caro, perché paese d’origine di suo padre. Vermiglio è, infatti, un “paesaggio dell’anima”, un “Lessico famigliare”, come lei stessa lo ha definito. I fatti sono ambientati durante l’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale.
A Vermiglio il tempo è scandito dallo scorrere delle quattro stagioni. Agli spettatori è offerto uno spaccato della vita di una famiglia, e più in generale di una piccola comunità rurale, che cerca di sopravvivere, circondata dalla miseria della guerra. Il conflitto bellico, sullo sfondo silenzioso, è causa di morte e povertà, ma chi si rifiuta di combattere è, nell’immaginario collettivo, un traditore della patria. Tutti aspettano notizie dal fronte, sperando nel ritorno di figli, mariti, padri. Le donne, tra preghiere e penitenze, nutrono; si dedicano alle faccende domestiche e alla cura della prole, come se non esistesse altro destino per loro. Gli uomini, che non sono partiti per la guerra, si occupano dei lavori manuali; gli analfabeti prendono lezioni nell’unica scuola del paese, dove il maestro è anche marito e padre di ben dieci figli, due dei quali morti ancora in fasce.
La storia ha una svolta quando Lucia Graziadei, prima figlia del maestro, sposa Pietro Risi, un soldato disertore siciliano. Questo matrimonio cambierà le sorti della giovane, sconvolgendo la sua vita insieme a quella della sua famiglia e dell’intera comunità.
A questo racconto intimo e delicato, ben scritto e ben recitato, fa da cornice la bellezza di una natura incontaminata, un piacere per gli occhi di chi guarda il film. Con la certezza che sentiremo ancora parlare di Maura Delpero, non ci resta che aspettare, speranzosi, il verdetto il prossimo gennaio.