di Alessandro D’Orazio
Dopo un lungo iter parlamentare, la riforma delle concessioni balneari è stata approvata all’unanimità dal Consiglio dei ministri. L’obiettivo della riforma è essenzialmente quello di dare una spinta ai futuri investimenti collegati al miglioramento dei lidi balneari, cercando al contempo di contenere i prezzi dei servizi forniti sulle spiagge (con particolare riferimento al cosiddetto “caro-ombrellone”).
È stato per questo deciso che, a partire dal 2024, gli stabilimenti balneari verranno assegnati tramite gara nel rispetto dei “principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità”.
Inoltre sarà previsto l’eventuale frazionamento in piccoli lotti e l’identificazione di un numero massimo di concessioni di cui si può essere titolari per favorire l’accesso delle microimprese, delle piccole imprese e degli enti del terzo settore. Il termine per ricevere le domande non dovrà essere inferiore a 30 giorni, mentre le concessioni – rilasciate secondo procedure selettive e nel rispetto delle regole Ue – saranno valide fino alla scadenza di volta in volta fissata.
All’interno dei bandi di gara sarà requisito fondamentale quello di garantire a tutti l’accesso al mare, tenendo conto anche delle “clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’attività del concessionario uscente”.
Lo sblocco delle gare non basta però alla Lega, che ha votato le norme in Consiglio dei ministri ma si è subito detta pronta a chiedere modifiche in Parlamento. Il partito di Salvini ha fatto sapere che il testo andrà “cambiato e migliorato” in Parlamento, insieme alle associazioni di settore e “insieme al resto del centrodestra”. Giorgia Meloni ha definito invece la misura il primo “atto di esproprio” per 30mila imprese, denunciando il “vergognoso regalo alle multinazionali straniere” e il rischio di “durissime conseguenze economiche e sociali”.
In allarme anche le associazioni di categoria che minacciano barricate se il testo non verrà modificato in Parlamento. Il governo “ci manda in pasto all’Europa”, lamenta Assobalneari. Per il Partito Democratico, infine, quello che non serve sono i doppiogiochismi e le ambiguità mostrate dalla Lega.