Il risultato amplissimo, a favore del “no”, nel referendum greco è destinato a modificare non solo la storia di quel Paese, ma dell’Europa intera, visto che le conseguenze si faranno avvertire, sin da subito, sui bilanci degli Stati, che maggiormente si sono esposti con il credito in favore della nazione ellenica.
L’esito era scontato ed il risultato giustissimo: non si poteva ipotizzare di condurre un Paese alla fame ed alla disperazione, imponendo delle condizioni, che non erano in alcun modo accettabili da qualsiasi buon padre di famiglia, che, prima di pagare i debiti, deve dar da mangiare alla sua consorte ed ai figli.
La Germania, ora, si trova a pagare un prezzo politico altissimo: per la prima volta, è stata data liberamente la possibilità ad una popolazione del vecchio continente di esprimersi in merito all’edificio comunitario e, come sembrava ovvio, quei cittadini, che sono andati al voto, hanno bocciato un processo che, finora, ha tolto solo diritti agli Europei.
Si sente, sovente, parlare – non solo in riferimento alla Grecia – di “riforme”, ma cerchiamo di capire in cosa consistono questi interventi legislativi, indotti dall’UE, che, negli anni scorsi, sono stati introdotti nella legislazione degli Stati sovrani del vecchio continente.
È stata ridimensionata la scuola pubblica; è stata smantellata la sanità statale; è stato modificato il regime previdenziale, per cui moltissimi cittadini sono costretti ad andare in pensione molto tardi rispetto al passato e con un assegno mensile di gran lunga inferiore a quello cui potevano aspirare negli anni scorsi.
A queste presunte “riforme”, volte a dare solvibilità allo Stato ed a pagare, quindi, i crediti alle banche tedesche, i Greci hanno detto finalmente un sonoro “no”, invertendo il corso degli eventi rispetto al pronostico fatto dagli opinionisti e dai giornalisti.
Chi c’è dietro alla decisione, comunque, sovrana del popolo ellenico?
Forse, l’Inghilterra e la Russia, che hanno promesso ingenti aiuti finanziari alla Grecia in caso di espulsione dall’euro?
Forse, gli USA, che tornano di nuovo ad essere protagonisti delle vicende europee, dopoché la Germania non è stata capace di dare unità politica alla costruzione statuale, per la quale ha lavorato molto più di qualsiasi altro Paese?
Certo è che, ora, la storia cambierà: l’Europa dovrà capire che la Grecia ha bisogno di tempi ben più lunghi per pagare il suo debito e, soprattutto, dovrà comprendere che il debito non è, di per sé, la priorità dei popoli europei, per cui è essenziale – invece – quel pane, che ormai tragicamente manca sempre più sulle loro tavole.
E l’Italia renziana cosa farà a partire da domani?
Il nostro buon Presidente del Consiglio, molto improvvidamente, si era schierato a favore delle posizioni della Merkel, pensando che, in caso di sconfitta del Governo di Tsipras, egli potesse passare all’incasso con il più potente alleato tedesco per il suo atteggiamento fedele.
Ora, invece, cambia lo scenario: innanzitutto, l’Italia avrà un ulteriore buco in bilancio, visto che noi siamo tuttora – anche se per cifre modeste – esposti con la Grecia.
Ma, in particolare, egli ha perso la più importante battaglia, che avrebbe dovuto caratterizzare il suo Esecutivo: essere (o, quanto meno, apparire) l’antagonista del Cancelliere tedesco e delle sue politiche all’insegna del rigore.
Ha, assai sciaguratamente, deciso di non interpretare questo ruolo, consentendo che Alexis Tsipras, a livello continentale, ne prendesse il posto e che, dunque, divenisse nell’immaginario collettivo il vero ed autentico nemico della trojka europea e delle sue arroganti pretese di rientro finanziario, tanto più inverosimili rispetto agli scenari devastanti di povertà dilaganti per tutto il continente.
Così facendo, ha alimentato ulteriormente il dissenso contro il Governo in carica e, da domani in poi, sia la nuova Sinistra, civatiana e fassiniana, che i Grillini urleranno all’Italia intera la gioia per una battaglia vinta, che in verità non potrà che delegittimare la credibilità di un Governo mai eletto, direttamente, dagli Italiani.
Inizierà, così, la sfida per la successione a Palazzo Chigi, perché è chiaro che, se anche in Italia si fosse consentito democraticamente di far votare i cittadini sulle condizioni finanziarie imposte dall’Europa, la posizione di Renzi e della Merkel sarebbe stata nettamente minoritaria, forse finanche con un margine maggiore di quello greco.
Ed, allora, è il tempo di ipotizzare un cambio significativo di scenario, che non nasca dall’ennesima manovra parlamentare, ma che abbia origine restituendo agli elettori il diritto di pronunciarsi sul punto più qualificante dell’azione dell’Esecutivo, a favore cioè o contro gli indirizzi odierni della Commissione europea, dell’Eurogruppo e della trojka.
In quel caso, il Presidente del Consiglio in carica rimarrebbe con la bandierina in mano di un filoeuropeismo acritico e di maniera, che il popolo non ha mai accettato e che, adesso, per effetto della crisi, respinge viepiù al mittente.
L’esito del voto greco sarà il fattore determinante per la vittoria del M5S alle prossime elezioni politiche?
È, fin troppo, prematuro prevedere un dato siffatto, ma certo stasera Renzi appare lo sconfitto in Europa, molto più di quanto non sia vincitore lo stesso Alexis Tsipras, che, con coraggio leonino, si è prima contrapposto alla Merkel e, poi, ha indetto il referendum odierno, mettendo in conto di andare a casa, se il risultato fosse stato ben diverso.